Tre uomini, Giovanni Luigi Cosentino (nella foto in basso a destra), Saverio Riviezzi e Carmine Campanella, esponenti della criminalità organizzata lucana, sono stati arrestati stamani dalla squadra mobile della questura di Potenza perchè ritenuti coinvolti (insieme ad altri tre sodali, due dei quali attualmente collaboratori di giustizia) in qualità di mandanti, organizzatori ed esecutori materiali – dell’omicidio dei coniugi Giuseppe Gianfredi e Patrizia Santarsiero, di 39 e 32 anni, avvenuto la sera del 29 aprile 1997 nel capoluogo lucano. Dei tre arrestati, due sono già detenuti, l’altro era libero. Gli arresti sono stati disposti dal gip distrettuale, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Salerno, al termine di indagini basate anche sulle dichiarazioni di collaboratori di giustizia. Il duplice delitto dei coniugi – uccisi con colpi di fucile e pistola mentre stavano parcheggiando la loro auto nei pressi di casa e mentre sul sedile posteriore vi erano due dei loro tre figli, di dieci e otto anni, rimasti illesi – fu una sorta di “atto dimostrativo” di un clan mafioso nei confronti di un gruppo rivale, per affermare la sua supremazia sul territorio e lanciare un segnale di “avvertimento”. Secondo le ricostruzioni fatte dagli inquirenti, sulla base delle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia, l’uccisione di Giuseppe Gianfredi, definita dagli investigatori potentini “eminenza grigia” del clan Martorano, egemone in quel periodo sul territorio di Potenza, è da ricondurre alla necessità, a quel tempo – per il nascente sodalizio Basilischi e specialmente delle articolazioni territoriali di Potenza e Pignola – di lanciare un segnale eclatante all’esterno e soprattutto alle organizzazioni criminali all’epoca operanti sul territorio lucano. L’omicidio, nel progetto, avrebbe dovuto riguardare solo Giuseppe Gianfredi, secondo gli inquirenti, infatti, la moglie fu uccisa per errore, solo perché si trovava a bordo dell’auto con il marito, circostanza che non era stata presa adeguatamente in considerazione dai sicari. Secondo gli inquirenti, Cosentino – che all’epoca era detenuto – incaricò il suo “luogotenente” Antonio Cossidente (nella foto a sinistra) di individuare l’obiettivo da colpire e la scelta cadde su Gianfredi, anche perché in quel momento era l’unico del gruppo di vertice del clan Martorano ad essere in libertà. La scelta fu condivisa da Riviezzi, capo della “cellula basilischi” sul territorio di Pignola, che collaborò ad organizzare l’esecuzione. Carmine Campanella fece sopralluoghi sotto la casa dei coniugi Gianfredi, mentre gli esecutori materiali del duplice omicidio furono Claudio Lisanti (recentemente deceduto) e Alessandro D’Amato, esponente dell’alleato clan “Cassotta” di Melfi, che si è accusato del delitto e lo ha descritto nel dettaglio agli investigatori. Le dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia, Cossidente e D’Amato, hanno trovato riscontro nell’attività d’indagine degli investigatori portate avanti nel corso degli anni. In particolare, sono state svolte attività di riscontro dalla Sezione Criminalità Organizzata della Squadra Mobile della Questura di Potenza, su alcune circostanze specifiche relative alle fasi dell’omicidio e agli “stretti e documentati” rapporti esistenti tra gli esecutori e i mandanti del delitto. (Fonte: Il Quotidiano della Basilicata)