Succede qualche tempo fa. Propongo su NeU una lista di parole inglesi che si usano spesso e di corrispondenti parole italiane d’uso altrettanto comune. Non si tratta di una crociata contro le lingue straniere, né contro l’impiego dei molti termini inglesi che, da mouse a discount, da toast a software, non hanno corrispondenti italiani efficaci e accettati. Come sottolinea Licia Corbolante, esistono forestierismi insostituibili (come computer), utili (come autobus) e superflui (come ticket): l’idea è trovare alternative italiane realistiche ai forestierismi superflui. E suggerire che qualche volta si può, senza far troppa fatica, dire in italiano quel che, magari per abitudine o pigrizia, si dice in inglese, e dare così un taglio allo stucchevole, provincialissimo itanglese. Aggiungo che spesso le parole inglesi vengono caricate di un senso e di un potere esoterico che, di loro, non avrebbero. Per esempio, brand è la marca (non il marchio) e brand image è l’immagine della marca. Né più, né meno. Segnalo inoltre che, per via della (ignorata) regola inglese di anteporre l’aggettivo al sostantivo, l’itanglese frettoloso e sbracato genera mostri: così, per esempio, spending review diventa “la spending” (urca, dobbiamo tener conto della spending!) e bodycopy diventa “la body” (ehi, tagliami un po’ questa body! Schizzi di sangue dappertutto). La lista gira in rete e raccoglie, di pagina in pagina e di condivisione in condivisione, oltre quattrocento commenti: un’appassionata revisione collettiva a partire dalla quale riscrivo tutto quanto togliendo, integrando e modificando. Qui sotto trovate il risultato. E… ehi, il titolo qui sopra, invece, dice “definitiva” non perché penso che la lista non sia migliorabile, ma solo per sottolineare che non continuerò a proporvi una riedizione dopo l’altra, all’infinito. La scelta di privilegiare il realismo rispetto alla completezza, fermandomi a 300 parole, mi ha imposto di scegliere i termini molto usati e quelli la cui sostituzione con il corrispondente italiano riesce più agevole. Nulla vieta, a chi lo desidera, di essere più radicale (se volete ispirarvi, guardate le proposte di Cruscate). E nulla, ovviamente, vieta di prendere dalla lista quel che serve o convince, trascurando il resto. Già che ci sono, però, segnalo la bella voce Anglicismi di Massimo Fanfani sulla Treccani e un’altra lista, pubblicata su Gandalf dall’indimenticabile Giancarlo Livraghi: elenca diversi falsi amici, parole inglesi che hanno un significato diverso dai termini italiani somiglianti. Un grazie a tutti per i commenti, i contributi e l’entusiasmo: qui, in 12 punti, provo a tirare qualche (provvisoria) conclusione. (Fonte: nuovoeutile.it)