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Basilicata e rischio idrogeologico: nel Melandro sono 5 i comuni “distratti” sul piano di emergenza di protezione civile

POTENZA – Il 98 per cento del nostro territorio è a rischio idrogeologico ed è esposto ai terremoti. Eppure molti comuni non si sono ancora dotati del piano d’emergenza di protezione civile nonostante lo preveda la legge nazionale 100/2012. Non è una specificità tutta lucana, dal momento che il 24 per cento delle città italiane non ha ancora redatto il piano. Cittadinanzattiva punta il dito proprio contro i Municipi «distratti» inviando le prime diffide a 32 amministrazioni comunali italiane tra cui ben undici della Basilicata: Armento, Baragiano, Guardia Perticara, Missanello, Nemoli, Roccanova, San Chirico Raparo, San Martino d’Agri, Savoia di Lucania, Spinoso e Tolve. È un elenco, per la verità, non corrispondente alla situazione reale, basta ricordare che Savoia ha un suo piano, così come Nemoli. Il numero di Municipi in difetto è molto più ampio: quasi tutti hanno presentato imagesuna bozza del piano che però necessita di correttivi e altra documentazione. Secondo gli ultimi dati pubblicati dal sito della Protezione civile regionale i comuni ancora in ritardo, o che magari hanno redatto un piano da integrare, sono Abriola, Accettura, Albano di Lucania, Avigliano, Brienza, Brindisi di Montagna, Castelluccio Inferiore, Castelmezzano, Castelsaraceno, Castronuovo S. Andrea, Chiaromonte, Cirigliano, Colobraro, Corleto Perticara, Craco, Fardella, Ferrandina, Francavilla sul Sinni, Gorgoglione, Genzano di Lucania, Irsina, Lauria, Marsiconuovo, Melfi, Moliterno, Montemilone, Oliveto Lucano, San Paolo Albanese, San Severino Lucano, Sant’Arcangelo, Sasso di Castalda, Teana, Terranova del Pollino, Tolve, Trecchina, Trivigno, Vaglio, Vietri di Potenza, Viggianello e Viggiano. Giovanni De Costanzo, dirigente della Protezione civile regionale, vede il bicchiere mezzo pieno: «Rispetto al resto d’Italia la situazione è buona. Il problema, però, non è tanto fare il piano, quanto applicarlo. E bene. Se diventa solo un obbligo burocratico e poi finisce nel cassetto non serve a niente. Il piano va diffuso alla popolazione che deve essere coinvolta per esercitazioni. Su questo tema è giusto che ci ripieghiamo un po’ tutti». Ma cosa significa avere un piano? Occorre individuare una struttura operativa, avere un assessorato di riferimento, un modello organizzativo già predisposto in loco per fronteggiare non solo situazioni estreme come i terremoti, ma anche il rischio di incendio boschivo, quello idrogeologico, le frane, le esondazioni, che interessano sempre più di frequenza alcuni comuni del Materano che si trovano lungo i corsi d’acqua. Rischi e danni dei quali i piani comunali possono e devono tener conto in maniera più concreta. Spesso additata come esempio negativo, questa volta Potenza è da elogiare: il Comune si è dotato del piano nel 2006 e lo ha aggiornato una dozzina di volte in questi ultimi anni, riuscendo anche ad essere premiato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri quale miglior strumento di Protezione civile nazionale. (Fonte: La Gazzetta del Mezzogiorno)

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