E’ stato presentato presso la libreria Ubik di Potenza ed in collaborazione con il CAD potenza Capoluogo il nuovo libro di Sandrone Dazieri intitolato “ Uccidi il padre ”. Lo scrittore è molto rinomato sia come romanziere noir sia come sceneggiatore di serie televisive di successo tra cui “Squadra antimafia”, “Intelligence” e “R.I.S. Roma” e il dibattito moderato dall’avvocato Fabio Baldissara del Cad Potenza Capoluogo e inframmezzato dalla lettura di alcuni passi scelti di Andrea Tosi, cultore e amante del teatro e della recitazione, è stato un importante occasione per conoscere da vicino la personalità, le idee ed il percorso che ha portato l’autore ad affermarsi come scrittore e story editor nel panorama nazionale. Sandrone Dazieri,giornalista pubblicista ha collaborato con il quotidiano il Manifesto, come esperto di controculture e narrativa di genere. Diventato in seguito direttore del service editoriale, nel 1999, dopo la pubblicazione del suo primo romanzo Attenti al Gorilla, la Mondadori non lo chiama a dirigere i Gialli Mondadori, poi tutto il comparto dei libri per edicola. Scrive altri tre romanzi per adulti, sempre noir (La cura del Gorilla, Gorilla Blues, Il Karma del Gorilla. Uccidi il padre è il testo con cui Dazieri abbandona il genere letterario del “noir” ( dove il lettore solitamente oltre a seguire il racconto e la risoluzione di un crimine è chiamato riflettere, rispetto a ciò che ha letto, sulla realtà che gli sta intorno, analizzando il mondo che lo circonda in base alle informazioni che riesce a raccogliere dalla storia, e quindi, la soluzione del crimine passa quasi in secondo piano, a favore del più tradizionale genere “thriller”. Si tratta di un libro appassionante, carico di tensione e colpi di scena, ben scritto, con uno stile asciutto e molto diretto ed efficace. Nonostante la mole considerevole, infatti, non ci sono quegli annacquamenti narrativi che spesso esprimono più il narcisismo dell’autore che una reale funzionalità rispetto allo sviluppo della storia. Il libro, i cui diritti sono stati venduti in mezza Europa e in America Latina, racconta la storia di due rapimenti di bambino. Uno è Dante Torre vissuto per undici anni in un silo, tenuto prigioniero da una persona che lui “il Padre”. Una volta uscito evidentemente soffre di fobie e paranoie molto gravi, tra cui una violenta claustrofobia. Dall’altra parte, osservando il suo carceriere nei minimi dettagli, ha sviluppato enormi capacità di osservazione dei comportamenti e capacità deduttive fuori dal comune. Riesce a notare cose che altri non vedono. Infatti collabora con la Polizia come consulenza in materia di persone scomparse. Un bambino è scomparso in un parco alla periferia di Roma. Poco lontano dal luogo del suo ultimo avvistamento, la madre è stata trovata morta, decapitata. Gli inquirenti credono che il responsabile sia il marito della donna, che in preda a un raptus avrebbe ucciso anche il figlio nascondendone il corpo. Ma quando Colomba Caselli arriva sul luogo del delitto capisce che nella ricostruzione c’è qualcosa che non va. Dante viene contattato dalla Polizia per un secondo rapimento e si scopre incredibilmente che il rapitore è proprio il Padre. Uscirà fuori che Dante di fatto è ancora prigioniero del Padre e del ricordo di questa prigionia.Dante è affiancato nelle indagini da Colomba, una poliziotta bella, ma anche molto dura, che a causa di un “Disastro” è fuori servizio e non riesce più a lavorare come poliziotta se non in incognito. Anche lei ha gravi strascichi che si porta dietro A Dazieri (nella foto in basso a destra di Mario Tirelli) viene chiesto “Lei ha definito il libro un viaggio nella mostruosità, in che senso? ˮe l’autore risponde “ Il riferimento alla mostruosità nasce da un testo a cui sono molto affezionato intitolato I buoni lo sognano, I cattivi lo fanno in cui si dice che ogni essere umano ha dentro di sé delle pulsioni mostruose ed oscure che lo scrittore thriller cerca di indagare e portare alla luce. La categoria narrativa del mostruoso consente di guardare il mondo da una prospettiva differente e quindi di percepirlo e viverlo da una particolare angolatura. I confini nei miei romanzi sono spesso labili e l’identità stessa dei personaggi è spesso sospesa tra bene e male ˮ. Dazieri durante le chiacchierate cita il libro di Philip Dick “ Ubik ˮ e “ Il capitale ˮ di Marx tra i libri che lo hanno profondamente segnato lungo il cammino, e spiega la differenza tra la scrittura di libri e quella di sceneggiature per fiction televisive, ravvisandola nello stile lineare e diretto della scrittura di soggetti televisivi, che necessità di minori spiegazioni, dato l’ausilio di immagini, che spesso sostituiscono tante parole per spiegare qualcosa. L’attività tradizionale di scrittore di libri, e nella fattispecie di romanzi invece comporta la necessità di isolarsi completamente dal mondo esterno, perché è richiesta una notevole concentrazione ed ispirazione, che non concede spazio a distrazioni di alcun genere. Anche perché- sottolinea- spesso al lettore occorre spiegare anche ciò che un immagine invece riterrebbe superfluo ai fini della comprensione di una storia, e quindi è totalmente diverso raccontare un mondo in 90’ come avviene invece nelle fiction. Il presidente del Cad, la dr.ssa Mariateresa Muscillo nella sua relazione ha offerto una chiave di lettura psicologica e psicoanalitica del thriller di Dazieri “ Il titolo mi ha fatto subito ed istintivamente pensare al complesso di Edipo, ed in particolare al rapporto ambivalente, sospeso tra amore e odio di Dante con il padre. Rabbia, terrore e paura si mescolano con il desiderio e l’aspettativa di essere unici ed importanti. Il ragazzo, imprigionato sia fisicamente che emotivamente, non conosce altri mondi se non quello distorto e punitivo del “ Padre ˮ : per molti versi, riecheggia Lemmons, detto Novecento, protagonista dell’omonimo romanzo di Baricco da cui è stato tratto il superbo film di Tornatore “ La leggenda del pianista sull’oceano ˮ, in quanto Dante, al pari di Novecento, avverte fortemente quella sensazione di smarrimento rispetto ad un mondo che non gli appartiene. Egli non abbandonerebbe mai la sua rassicurante prigione, ed è solo il tradimento paterno della sua eccezionalità di figlio, che lo conduce a riprendersi quella sconosciuta e temuta libertà che gli avrebbe sconvolto la vita. Manca tuttavia la presenza femminile a mitigare tra il senso di impotenza del figlio e quello di onnipotenza del padre. Nel racconto, infine, emerge il potere della relazione, grazie alla quale i diversi protagonisti, da Dante a Colomba, escono dalla loro solitudine e rende possibile un incontro tra mondi emotivi, che hanno tutti delle sofferenze come minimo comune denominatore ˮ