Cia: allevatori e produttori lucani, addio alle “quote latte”. Pronti ad un cambiamento epocale
Claudio Buono
Gli allevatori-produttori di latte lucani devono prepararsi al passaggio “epocale” dal sistema delle quote latte, che non ha funzionato, ad uno autoregolamentato ed autodisciplinato dal mondo produttivo. Lo sostiene in una nota Luciano Sileo della direzione regionale Cia Basilicata sottolineando che da aprile 2015 in Europa il regime delle “quote latte” verrà superato: un fatto che viene da più parti considerato rivoluzionario per un settore caratterizzato da oltre un trentennio da una forte regolamentazione produttiva. Le quote, decise in origine per mantenere una politica di sostegno al settore evitando sovrapproduzioni, hanno, dalla fine degli anni ’80, di fatto cristallizzato le produzioni nazionali provocando forti squilibri tra i diversi Paesi. L’eliminazione del regime delle quote arriva in un momento difficile per il settore, con una tendenziale crescita dei consumi, soprattutto di formaggi e prodotti caseari, specie nei nuovi mercati, ma accompagnata da una sensibile volatilità dei prezzi. Da noi – riferisce Sileo – accade che ogni giorno che il produttore consegna il latte munto nella propria stalla insieme ad ogni litro di fatto consegna 10 centesimi di tasca propria perchè il costo del latte è quasi un terzo del prezzo di un caffè al bar. Una situazione insostenibile che vede solo i caseifici locali conservare un atteggiamento di correttezza nei confronti dei nostri allevatori dei quali apprezzano gli sforzi per la qualità del prodotto e per gli adeguamenti funzionali e sanitari in azienda. Invece i grandi gruppi che conferiscono il latte lucano di alta qualità commercializzato o trasformato attraverso prestigiosi marchi internazionali da anni fanno sul prezzo accordi diretti e diversificati, in alcuni casi “ricattatori”. Nel ricordare che “le aziende di bovini da latte in Basilicata sono scese a meno di 500 unità, mentre la produzione di latte è leggermente aumenta”, Sileo sottolinea che “è necessario dunque dare stabilità al settore definendo un “prezzo del latte” con un contratto semestrale o, al massimo, quadrimestrale, al fine di consentire agli allevatori di poter avviare la programmazione a medio termine. Attualmente su una quarantina di prodotti Dop e Igp, il fatturato è concentrato principalmente su Parmigiano Reggiano e Grana che rappresentano in valore più dell’80 per cento dell’intero settore. Anche per il latte fresco e i prodotti caseari non a denominazione è necessario avviare una nuova stagione di relazioni interprofessionali che sfoci in uno strumento efficace ed autorevole -come previsto dalla regolamentazione comunitaria e già esistente in altri Paesi- che abbia la forza di regolamentare il mercato e favorire buone pratiche contrattuali. Il rafforzamento della filiera necessita anche di un forte potenziamento dell’aggregazione del prodotto con la creazione o lo sviluppo di organizzazioni di produttori di dimensioni adeguate e di progetti commerciali efficaci, promossi e controllati dagli allevatori. “La nuova programmazione dello sviluppo rurale rappresenta – prosegue il dirigente della Cia- un’opportunità da non perdere per avviare programmi di innovazione e investimenti. Questa però deve essere anche l’occasione per sviluppare efficaci sistemi di gestione del rischio e stabilizzazione dei redditi”.