“Gli indicatori prescelti dal Ministero all’Istruzione per l’individuazione dei cosiddetti costi standard per assegnare i finanziamenti statali alle Università, indicatori che penalizzano fortemente Unibas, non tengono conto della spesa sostenuta dalle famiglie lucane per i propri figli fuori sede e che è destinata certamente ad aumentare con l’incremento delle immatricolazioni dei nostri giovani ad altri atenei del Paese”. Lo rileva il segretario regionale della Uil Carmine Vaccaro citando i dati del Rapporto del Centro Studi della Uil secondo i quali per l’anno accademico 2012/2013 (a cui si riferisce l’indagine) la quota di reddito delle famiglie degli studenti lucani laureati fuori sede (2970) impiegata per sostenere i costi generati dalla frequenza degli studi universitari in regione diversa da quella di residenza ha toccato il tetto di circa 20 milioni di euro. Ma – avverte la nota della Uil – purtroppo il costo complessivo annuo dei laureati lucani fuori regione non si ferma a questo dato pur considstente. Ai 20ml di euro annui, costo sostenuto dalle famiglie, si aggiungono 20,760 ml che equivale al costo medio sostenuto dallo Stato per ogni studente universitario valutato in 6.990 euro annui pro-capite (fonte Almalaurea 2012/13) per 2.970 laureati lucani fuorisede. Per confrontare il peso che l’esborso di complessivo di 41 ml di euro per gli studi fuori sede rappresenta si evidenzia che il volume complessivo dei consumi annui per istruzione della Basilicata è di 50,866 ml (dato Istat 2012) e che il consumo complessivo annuo per la voce ‘salute’ è di 166 ml (dato Istat 2012). Rilevato che gli studenti universitari in sedi esterne alla regione hanno frequentato corsi di studio per una media di cinque anni, averli ‘persi’ in altri contesti economico-sociali significa rilasciare una quota di investimento complessivo di circa 200 ml per un quinquennio (40,760 ml per 5 anni). Le rappresentazioni numeriche – evidenzia la nota – descrivono i costi diretti che sottendono il fenomeno della fuoriuscita dal sistema locale delle risorse materiali connesse al fenomeno dei fuori sede. E’ evidente che vi sono altri effetti indotti, definibili nel mancato reddito che presuntivamente i laureati non produrranno nell’economia locale e nella mancata circuitazione delle conoscenze connesse alla specializzazione acquisita che fuoriesce anch’essa e diviene introito e moltiplicatore per le economie delle sedi ospitanti e di inserimento dei laureati. E’ chiaro che – commenta Vaccaro – se si riduce la qualità della didattica e della ricerca e con essa i servizi agli studenti si alimenterà una nuova ondata di universitari lucani fuori sede. La fuoriuscita dal sistema locale di risorse intellettuali per formarsi altrove incluso il fenomeno crescente degli studi e del perfezionamento all’estero è una sorta di ‘marcatore’ della progressiva globalizzazione dei mercati e della mobilità connessa delle persone. Ma non v’è dubbio che la regione, come entità istituzionale e come sistema coeso, deve promuovere policy ed iniziative per riprendere o trovare combinazioni con coloro che fuoriescono per gli studi. Ciò per recuperare valori e per impiegare in uno scambio proficuo i talenti di professionalità arricchite e capaci di costruire connettività, attrattività e connessioni con la dimensione nazionale ed internazionale. E’ anche questo – conclude il segretario della Uil – un obiettivo che ci attendiamo dalla nuova manovra finanziaria regionale per affrontare il continuo deflusso di capitale umano che varca i confini regionali per studiare e specializzarsi fuori. Questo oltre che con il miglioramento dell’offerta formativa universitaria e post universitaria e di servizi deve avvenire attraverso interventi capaci di intraprendere azioni dirette ad incentivare progetti e attività di ricerca e formazione in grado di rispondere alle esigenze ed in grado di sostenere le potenzialità dei contesti culturali, sociali, economici e produttivi.