PESCOPAGANO – Uno dei tre posti del concorso comunale a Pescopagano lo vince la figlia dell’assessore, un altro una persona che già in passato aveva lavorato per il Comune con incarichi temporanei. Ce n’è abbastanza per suscitare sospetti e la questione, unita al fatto che le domande di concorso erano chiuse in busta per ciascun candidato ma le buste non erano sorteggiate ma attribuite in modo successivo ai candidati, è così finita davanti al collegio penale di Potenza presieduto da Aldo Gubitosi in un processo in cui i tre membri della commissione esaminatrice, Vincenzo D’Amelio (difeso dall’avvocato Bruno Tarmburriello), Emilia Piemontese (difensori gli avvocati Giorgio Cassotta e Donatella Cimadomo) e Annamaria Longobardi (difesa d’ufficio dall’avvocato Dario Laurenza), devono rispondere di abuso d’ufficio in concorso.I fatti a cui si fa riferimento si sono verificati a gennaio del 2009. D’Amelio era il presidente della commissione e gli altri due ne erano componenti. Alla prova orare, che si svolse presso il comune di Venosa, stando all’accusa, «dopo l’estrazione a sorte della lettera iniziale col cognome del candidato che per primo sarebbe stato esaminato e quindi, dopo aver avuto la contezza dell’ordine con sui i candidati sarebbero stati chiamati a sostenere la prova, non procedevano immediatamente allo svolgimento del previsto colloquio, ma impiegavano un congruo lasso di tempo per approntare le buste chiuse contenenti le domande da porre a ciascun candidato durante la prova stessa». Le buste, secondo quando emerso dalle indagini della procura, avevano un numero d’ordine apposto dalla Commissione e il presidente le consegnava senza farle estrarre ai candidati. In questo modo, è l’ipotesi accusatoria (ieri in aula c’era il Pm Veronica Calcagno), se qualcuno avesse voluto far capitare un determinato gruppo di domande ad un determinato candidato avrebbe avuto gioco facile e dato che il primo e secondo classificato, Elisa Pace e Carmine Porreca, non erano, per così dire, proprio invisi all’amministrazione, ci sarebbe stato anche un motivo. Questioni, ovviamente, avversate dalle difese che sottolineano come pure con la procedura utilizzata era impossibile determinare a chi sarebbero stati posti i quesiti. Non solo, infatti, quattro candidati ammessi all’orale non si presentarono a sostenere la prova, determinando quindi un salto nell’ordine, ma uno dei candidati presenti chiese ed ottenne l’anticipazione della stessa poichè spiegò alla commissione di avere la moglie ricoverata che lo avrebbe reso papà di lì a poco. Ieri intanto, è stato sentito uno dei candidati esclusi che ha posto l’accento sull’anomalia di quel ritardo che ci fu tra l’orario di fissazione della prova, le 9, e l’effettivo inizio della stessa, intorno alle 11. E l’esame di fatti e posizioni proseguirà ora il prossimo 2 marzo.
Fonte: La Gazzetta del Mezzogiorno