La storia della ricercatrice Roberta D’Alessandro (nella foto a destra), partita da un piccolo paese abruzzese per cercare quel successo che ha meritato, è simile a quella di tanti giovani dei nostri piccoli paesi che, come dice la ricercatrice con il suo appassionato post su facebook , l’Italia non vuole. E’ il commento di Francesco Pagano, consigliere comunale di Brienza, che lancia l’idea di far diventare questa storia “un segnale di riscatto” per tutte le generazioni di giovani lucani e meridionali. Grazie ai social Roberta è già diventata virale e simbolo di chi lotta in questa Italia nel nome della ricerca ma non ottiene mai i giusti riconoscimenti. Ha ragione. C’è poco da esultare. Come riferisce Uninews24, soltanto 13 ricercatori su 100 resteranno in Italia a sviluppare i loro progetti. La maggior parte di loro lo farà all’estero. Cervelli in fuga per scelta o necessità, che da tempo hanno lasciato il nostro Paese per altri lidi, dove la ricerca è più valorizzata. Anche in Regione – continua Pagano – in più occasioni si discute di come fermare la fuga dei cervelli e come rafforzare l’offerta formativa e di ricerca dell’Unibas. Una ventina di giovani saranno a breve al Campus Tecnologico di San Nicola di Melfi per la ricerca auto (Fca). Ma è ancora un numero troppo basso mentre gli istituti di ricerca che operano in Basilicata non hanno soldi per offrire una possibilità a giovani lucani. Specie in agricoltura, come nel delicato settore della difesa idrogeologica, si fa ancora poco mentre se il dato nazionale è del 53% che lavora a tre anni dal titolo di laurea da noi siamo in una situazione più negativa al punto da scoraggiare persino nuove iscrizioni all’università di Potenza e ad altre sedi. Diventi questo l’impegno prioritario in Regione senza più il ricorso alla retorica e a programmi che nonostante ingenti risorse di fondi comunitari non hanno dato risultati con il progressivo spopolamento dei nostri comuni di presenze giovanili laureate e diplomate.
Francesco Pagano
consigliere comunale di Brienza