VIGGIANO, 22 luglio 2016 – Inizia il countdown per i tanti lavoratori del Cova di Viggiano. Un misto di paura, angoscia ed inquietudine accompagna queste ultime giornate di un luglio mai così infuocato per le loro esistenze. Se il termometro della temperatura sale, quello della speranza registra picchi negativi che contribuiscono a deprimere ancor più una Valle e le sue anime sempre più dannatamente condotte a fluttuare in un mare tempestoso. ‘I lavori di adeguamento e di modifiche non sostanziali, effettuati con successo da Eni, sono stati portati a termine tempestivamente – fa notare Ernesto Pisani, Presidente del Comitato Un patto per la Val d’Agri – e teoricamente già da subito esisterebbero i requisiti e le condizioni per dar vita alla fase di startup dell’impianto. Si tratterebbe, chiaramente, di un processo di riavvio graduale e non definitivo ma consentirebbe ad Eni di ripartire e, contestualmente, alle Aziende dell’Indotto di riaccendere i motori, con grande vantaggio dei tantissimi lavoratori che non riescono a guardare con certezza né al proprio presente né al proprio futuro. Ho di proposito utilizzato l’avverbio “teoricamente” perché tra la teoria e la pratica c’è (come sempre purtroppo) una sorta di terra di nessuno, un sottile ponte tra il possibile e l’impossibile, una condizione quasi borderline che in questo caso è rappresentato dall’aspetto legato agli iter tecnico-burocratici. Il rischio qui è altissimo e non attiene ad autorizzazioni o pratiche da evadere con parere favorevole, ma riguarda la condizione umana di padri di famiglia già disperatamente relegati in uno stato di comprensibile sconcerto e di paurosa indeterminatezza. Se malauguratamente, in questo ultimo scorcio di luglio, – prosegue il Presidente Pisani – non si dovesse portare a conclusione il cammino sperato le drammatiche conseguenze sarebbero che: i tempi per ripristinare le condizioni preesistenti si dilaterebbero ulteriormente in misura notevolmente critica, l’impianto si fermerebbe completamente e definitivamente (con conseguente impossibilità tecnica di riportarlo a regime in meno di mesi interi); le Aziende, che hanno completamente esaurito le commesse e che parzialmente hanno trovato un po’ di respiro con gli interventi legati ai lavori di adeguamento, si vedrebbero costrette al blocco totale ed a ricorrere al regime di cassa integrazione per i propri dipendenti (per quelle che ne hanno possibilità) o, peggio, ai licenziamenti; scadrebbero le 12 settimane di cassa integrazione per tanti lavoratori che si vedrebbero prorogare tale condizione per ulteriori 12 settimane; le condizioni subite per i ritardi dalle Aziende e quelle occupazionali creerebbero giocoforza una lacerazione nel tessuto sociale, produttivo ed economico della Valle che si tradurrebbe materialmente nel collasso totale tanto delle realtà commerciali quanto delle strutture ricettive per le quali il processo di ripresa è già fisiologicamente più lento e lungo. Vien da sé che le conseguenze sarebbero devastanti in termini di ricadute negative, sia sulle variabili macroeconomiche (regionali e zonali) sia sulla qualità della vita di tante famiglie valdagrine e non, e che lo scenario inizierebbe ad assumere i contorni e le sembianze della disperazione. Ovviamente il nostro auspicio è che ciò non avvenga ma c’è bisogno che si corra più veloci del tempo, prima che la polverina della clessidra finisca la sua discesa impetuosa e che si porti via quel poco di ossigeno che ancora dà aria alle speranze delle nostre famiglie’.
Ernesto Pisani
Presidente del Comitato Un Patto per la Val d’Agri