Continuano ormai da giorni le proteste in Venezuela, sull’orlo di una vera e propria guerra civile. L’opposizione, maggioritaria in parlamento dalla fine del 2015, chiede le dimissioni di Nicolas Maduro, presidente-dittatore, che non intende assolutamente mollare, anzi, “sguinzaglia” i suoi agenti, armati, contro la popolazione. Una crisi, quella venezuelana, che dura ormai da due anni, e che si sta ingigantendo sempre di più in questi giorni. Una crisi che sta cancellando i successi, economici e sociali, degli anni di Chavez. La situazione è davvero critica nelle città del Venezuela, particolarmente nella capitale Caracas, che conta quasi due milioni di abitanti. A raccontarci della gravissima situazione, telefonicamente, è Carlo Sguerra, 67 anni, (in foto) che vive nella capitale venezuelana, ma è di Vietri di Potenza. E’ andato via dalla terra vietrese dopo aver compiuto la maggiore età, ci ritorna spesso, l’ultima visita tre anni fa. “Da quando Chavez ha lasciato tutto nelle mani di Maduro, questo paese si sta distruggendo. Stiamo perdendo tutto, non abbiamo più il petrolio, ogni giorno ci sono proteste e tutto il Venezuela è bloccato, dalla tarda mattinata alla tarda serata. Non si può andare avanti così, serve una soluzione”. Mentre il sig. Sguerra rilascia l’intervista al Quotidiano, è costretto ad abbandonare il lavoro (ufficio assicurativo) prima del blocco dell’autostrada principale che attraversa la città. “Ormai ogni mattina ci sono le manifestazioni di protesta, vengono bloccate strade principali e autostrade sin dai primi giorni di aprile, siamo bloccati e viviamo nel terrore”. “Non vogliono fare le elezioni, perché Maduro sa di perdere”, sottolinea. Secondo quanto riferito dal sig. Carlo, “sui manifestanti vengono lanciati fumogeni scaduti e tossici dalla guardia nazionale, che controlla tutto”. Le cifre, che aumentano giorno dopo giorno, parlano di centinaia di arresti e diverse decine di morti, oltre a tanti feriti e città in devastazione. Poi c’è l’insidia dei cosiddetti «colectivos». Si tratta di gruppi di civili armati, squadre di paramilitari filo governativi che seminano il terrore in un Venezuela. Si fanno chiamare “guardiani”, per la gente del Venezuela sono assassini. A dimostrare questa tesi ci sono diversi video, come quello che ritrae l’assassinio di Paola Andreina Ramirez, la studentessa 23enne freddata dalle loro pallottole la scorsa settimana a San Cristòbal. “Siamo abbandonati”, sottolinea Carlo, che sottolinea: “Non possiamo andare avanti così, quelli che sparano nella maggior parte dei casi sono i civili, dei delinquenti. Qui abbiamo difficoltà anche ad acquistare le derrate alimentari: per un po’ di pane, quando si trova, bisogna fare ore di fila. Scarseggiano olio, pasta e materie prime. Siamo alla distruzione. Il mondo deve aiutarci”. La protesta in Venezuela circola anche sul web attraverso le struggenti immagini di ragazzi con maschere di sangue e con ferite causate da arma da fuori, video degli attacchi dei colectivos. La strategia di Maduro è quella di bloccare il ricongiungimento, da tutte le città, dei manifestanti. La popolazione venezuelana vive nel terrore, subisce attacchi con proiettili di gomma, armi da fuoco, idranti, gas lacrimogeni, bombe e addirittura con l’utilizzo di mezzo che vengono scagliati contro i manifestanti. “Siamo sotto assedio di bande armate –ha dichiarato Carlo- e l’ottanta per cento della popolazione chiede un cambio al governo. Il popolo venezuelano si augura che il mondo giri lo sguardo verso di noi e ci aiuti”. Le continue manifestazioni intanto stanno portando il Venezuela in una gravissima crisi economica e alla scarsità dei generi di prima necessità. Da una parte la popolazione allo stremo, dall’altra un governo –quello guidato da Maduro- che non vuole sentire alcuna ragione. “Per il bene dei venezuelani ci auguriamo che presto si trovi una soluzione e che si possa tornare al voto ed evitare ancora morte e terrore”, ha concluso il sig. Carlo.
Claudio Buono