“Nell’ultimo anno la spesa sanitaria privata in Basilicata ha avuto un valore medio pro capite di 630 euro; tanti sono i soldi spesi dai lucani di tasca propria per pagarsi le prestazioni sanitarie, per intero o con il ticket. Tale dato conferma come in Basilicata il sistema sanitario regionale non riesce a garantire a tutti le stesse opportunità di cura, penalizzando ingiustamente gli anziani e le persone con redditi bassi”. E’ questo il commento del Vice presidente del Consiglio regionale Michele Napoli sulle risultanze dell’ultimo rapporto Sanità-VIII Rapporto Censis-RBM, reso pubblico in occasione del Welfare Day 2018. “Sono 150 milioni le prestazioni sanitarie pagate di tasca propria dagli italiani nell’ultimo anno – spiega Napoli – e fra queste spiccano per incidenza le visite specialistiche, le prestazioni odontoiatriche, quelle diagnostiche e le analisi di laboratorio oltre chiaramente all’acquisto di farmaci”. “I dati resi noti dall’Agenzia italiana del farmaco – sottolinea Napoli – indicano come in Basilicata vi sia stato un incremento dei ticket tra il 2016 e il 2017 pari al 3,5% che rappresenta l’aumento più alto fatto registrare tra tutte le regioni d’Italia”. “Un quadro allarmante – precisa Napoli – che richiede rapidi correttivi per cambiare rotta, perché la spesa sanitaria out of pocket rappresenta una grave forma di disuguaglianza in Sanità che produce effetti negativi soprattutto con riguardo alle famiglie più deboli, che non riescono a coprire le spese sanitarie con il proprio reddito e sono costrette ad attingere ai propri risparmi o peggio ancora ad indebitarsi. “La classifica delle regioni d’Italia, nelle quali le spese sanitarie private incidono di più sui redditi, ci dice che – continua il Vice presidente del Consiglio regionale – la Basilicata è al terzo posto e questo dato smentisce clamorosamente coloro i quali sostengono che la spesa sanitaria privata sia ad appannaggio delle regioni più ricche”. “Semmai dimostra – conclude Napoli – che le esigenze di salute dei lucani sono tante e tali da costringere loro a privarsi di tutto tranne che delle prestazioni sanitarie di cui necessitano”.