IL RICORDO / Sette anni fa la scomparsa di Angelo Calderone, in arte Engel von Bergeiche, poeta e scrittore lucano

In occasione del 7° anniversario della morte di Engel von Bergeiche, pseudonimo di Angelo Calderone, poeta-scrittore originario di Ruvo del Monte (Pz), morto a Bologna il 7luglio 2011, giova ricordare una delle poesie più attuali del panorama poetico contemporaneo, sul tema della disabilità. La poesia è frutto della sua difficile condizione fisica: Angelo, infatti, da giovane era rimasto invalido permanente, a seguito di un incidente d’auto causato da un tossicodipendente alla guida di una potente Mercedes nel traffico di una città tedesca. Un luogo dove colui che successivamente sarebbe diventato poeta e scrittore, emigrato per lavoro, si era trovato, suo malgrado, a rivestire i panni di vittima sacrificale innocente di chi, purtroppo, allucinato dalla polvere bianca, cercava di andare incontro al suicidio. La poesia, affidata allo stile del “blank verse” misto a rima, è scritta in un registro linguistico medio, con moduli espressivi che, ripudiando gli eufemismi, lasciano poco spazio all’immaginazione e alla retorica, ma molto alla riflessione. Un realismo per niente “magico” che racconta, icasticamente, i problemi dell’invalidità con cognizione di causa, in quanto, purtroppo, condizione personale del poeta. Il titolo del componimento, piuttosto emblematico e pregnante, è: “Le rinunce dell’handicappato” ed è tratto dalla raccolta “L’obiettivo”, pubblicata nel 1988 per i tipi di “Seledizioni”, Bologna. “Solo rinunce/nient’altro che rinunce!/ Rinunciare a camminare come gli altri,/se non addirittura rimanere immobili per tutta la vita./ Non poter correre al riparo,/se piove,/o nevica,/o fa tempesta./Non poter correre per prendere il treno,/o altri mezzi pubblici./Non poter far valere i propri diritti,/o intavolar discussioni,/poiché esso,/ o è deriso,/o è assecondato,/perché ispira compassione./Non poter produrre,/e molte volte non poter provvedere neanche a se stesso,/e magari esser d’ingombro,/per cui vien deposto in un angolo,/a mo’ d’oggetto,/abbandonato al proprio destino,/e senza un briciolo d’affetto./Non poter far parte di associazioni,/frequentar balere,/scuole,/uffici pubblici,/ o partecipar a manifestazioni,/o per impossibilità,/o per discriminazioni./Non poter esprimere il proprio affetto,/i suoi desideri,/non i suoi sentimenti,/o il proprio parere,/per cui,/dispiaciuto e rassegnato,/beve dalla coppa il fiel che gli ha serbato il fato”. Un chiaro monito a chi, inseguendo paradisi artificiali, in modo criminale procura l’inferno terreno alle persone ignare ed equilibrate che, invece, normalmente, non hanno scelto di “vivere una vita spericolata, maleducata e piena di guai”. Da ultimo vale anche la pena ricordare che ad Engel von Bergeiche, dal 2012, è dedicato il Premio letterario nazionale omonimo (iscrizioni già aperte) che si svolge ogni anno in Basilicata, ad agosto (quest’anno, premiazione nel castello federiciano di Melfi), e che alcune sue poesie, tratte da diverse raccolte, declamate dall’attore professionista Fabio Pappacena, sono ascoltabili su Youtube, cliccando qui.

Prof. Domenico Calderone

4 comments

  1. Gerardo D 'Errico

    Maledetto momento che il fato ha preservato ad Angelo …una vita stravolta da una persona non in Condizioni di stare all a guida.Traspare questo rimpianto di trovarsi nel posto e nel momento sbagliato
    E la lotta di non mollare seppur con difficolta e’ il motore… Encomiabile questo ricordo per non dimenticare l’amore fraterno e UN monito a non essere impegnati solo su iPhone, iPad etc senza degnarci di dare uno sguardo a chi ci sta vicino… L’ indifferenza della societa’ impegnata nel consumismo ha deviato la Vera essenza dell’ essere umano.Ecco il perche’ di sentirsi UN oggetto nella Poesia di Angelo e UN richiamo ai Veri valori oramai smarriti.Basta una parola, uno sguardo UN gesto per cogliere il grido di Dolore che richiede UN ns. fratello ma che volutamente cade nel vuoto.
    Contriibuiamo a rendere questa societa’ pu’ civile… Non con le parole.

  2. Antonio Gerardo D'Errico

    Parole intonate, scandite da un ritmo che fa eco nell’animo afflitto. Le immagini di Engel non hanno bisogno di altre parole per descrivere il dolore di chi, incolpevole, deve vivere il disagio di una vita che gli è stata negata nella sua assolutezza ideale. Il ritmo di un cuore affannato lo si sente in ogni verso e persino in ogni cola di un metro che rifugge la forma stereotipata e la lunghezza. La bellezza è nel dolore, nel risentimento e nel rimpianto di chi pur avendo da donare amore lo deve richiedere. Il Poeta legato in ogni gesto e persino nei pensieri avrebbe il buon diritto di urlare la sua rabbia per un martirio che si fa giogo e immobilità. E’ una condizione che l’animo elevato e compiuto ha già superato e vinto, ma resta il dolore, quel richiamo dell’uomo teso verso la gioia più che alla pietà: una gioia mancata, troncata, per cedere lo spazio al bisogno, alla rinuncia, quando si è da soli, immobilizzati entro le proprie difficoltà. Engel non chiede aiuto, ma richiama al valore delle attività umane, ricorda i diritti, che sono di tutti e non esclusivi di chi ha gambe buone per correre. “Non poter far valere i propri diritti, / o intavolar discussioni, / poiché esso, / o è deriso, / o è assecondato, /perché ispira compassione”. E’ questo che non è necessario: la compassione. Uno scempio assurdo e immeritato. Engel descrive una condizione, la sua, senza muovere verso il rancore. Il suo verso è dichiarativo, centrato sull’espressione che induce alla riflessione. La sua voce si fa universale, che avvolge ogni cosa, superando i confini della relatività soggettiva per approdare alla verità esterna al singolo: si fa concetto, conclusione, sillogismo: “/Non poter esprimere il proprio affetto, / i suoi desideri, / non i suoi sentimenti, / o il proprio parere, /per cui, /dispiaciuto e rassegnato, /beve dalla coppa il fiel che gli ha serbato il fato”. Conclude circolarmente, con una sapienza che solleva e atterra, dove il Cielo e la terra sono riscatto e colpa insuperabile. Engel, il nostro Angelo Calderone, è un poeta di cui si sentirà a lungo l’assenza per il suo versificare autorevole, classico, sentenzioso e vivido. Coi suoi scritti ha lasciato sicuramente una testimonianza che resterà a lungo nell’animo e nella memoria delle persone illuminate dalla luce della verità. Ai molti che ti leggeranno parlerai per sempre carissimo Angelo, con la tua voce sonora e dirompente, capace di scardinare le chiusure più tenaci.

  3. Ho letto i suoi racconti ”L’arrivo” e il libro di poesie ”Riflessioni”.I suoi racconti sono tutti piacevoli da leggere e insegnano delle qualità che ci aiutano a capire l’amore per la natura e per gli animali e a non giudicare chi ci sta intorno. I racconti vorrei citarli tutti ma mi soffermerò sul ”Compenso”. Un racconto di un cane di nome Musco che
    aveva conosciuto tante persone, la fine è tragica sia per lui che per il suo amichetto. Nelle sue poesie tutte da commentare ma ”Primavera” scriverò l’ultima frase. Ogni cosa,/ a primavera,/ riprende a rivivere,/ ricominciando un nuovo/ ciclo di vita. I suoi versi continueranno a vivere come la” Primavera”. Amelia Squillace

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