Alla riapertura delle scuole, analizziamo un saggio presentato l’11 maggio 2018, nella biblioteca “G. Fortunato” di Rionero, intitolato assertivamente “La buona scuola va!” (Armando ediz., Roma, 2016, euro 15,00), di Matteo Alfredo Bocchetti, ex Direttore didattico, ricercatore ed esperto in problematiche pedagogiche, aggiornatore e formatore. Il testo in esame, di 157 pagine, si compone di nove capitoli suddivisi in tre parti, preceduti da una breve introduzione. Il corpus ha come focus tematico l’avversata legge 107/15, leit-motiv dell’intero impianto narrativo fatto di contestazioni alle tesi ostative dei sindacati, sin da subito mostratisi poco entusiasti di questa ennesima “riforma”, che a dir loro promuoverebbe la figura del “dirigente sceriffo”, per domare una classe docente insofferente ed insoddisfatta del trattamento subito negli ultimi decenni sia da parte della classe dirigente, sia dal protagonismo genitoriale, sia dai mass media, mallevadori di una società civile imbarbarita dall’americanizzazione dei nostri usi e costumi. Il libro, scritto senza errori, noblesse oblige, con moduli espressivi indici della conoscenza epistemologica della materia, in un registro linguistico di livello alto, ha il difetto di esagerare nel demonizzare la classe docente, definita in più punti: “impreparata, svogliata, non aggiornata”. Un “j’accuse” o “fuoco amico” che non cita mai i dirigenti scolastici, assolti implicitamente ed a prescindere, per mirare ai poveri docenti, senza tener conto dei molteplici fattori alla base della presunta defaillance: familiari, sociali, economici, educativi, psicologici ecc. Sicché nel capitolo “I rapporti sulla Scuola”, pag. 27, lo studioso si accanisce nel mostrare i dati negativi relativi agli “adolescenti che non raggiungono le competenze minime in matematica e lettura”, sottolineando che in Basilicata la percentuale è del 31% per la matematica e del 21 % per la lettura, contro, rispettivamente, il 10 % ed il 12% di Trento (percentuale più bassa d’Italia). Ora, se consideriamo che la tabella impietosa di pag. 26 ci riporta, tra l’altro, il 36% e 28 % per la Campania; il 37 % e 30% per la Sicilia ed il 46% e 37% per la Calabria, si capisce bene che non può essere tutta colpa della classe docente, la scarsa performance in queste due materie. L’autore passa poi ad analizzare il Rapporto OCSE per informarci che, paradossalmente: <<(…) in Italia si insegna di più in rapporto alle ore e si apprende di meno>>, a significare che <<se le 8000 ore di insegnamento contro le 6052 di altre nazioni, non producono sapere funzionale; vuol dire che lasciano a desiderare il modo di insegnare e l’utilizzo del tempo-scuola (…)>>. Il giudizio poco lusinghiero si estende poi alla classifica internazionale OCSE-PISA, dove l’Italia viene collocata al 35° posto e la Cina e Singapore, rispettivamente, al 1° e 2° posto nella bravura in matematica e scienze. Qui viene tirato in ballo l’analfabetismo funzionale sia dal punto di vista delle competenze alfabetiche (capacità di comprendere, valutare, usare testi scritti etc. ) che da quello matematico ( capacità di utilizzare, interpretare e comunicare le informazioni numeriche). Segue la tabella che riporta l’alto tasso di abbandono universitario (pag. 32). Insomma, il “cahier de doléances” fornito dal prof. Bocchetti è impietoso, ma anche ingeneroso, poiché non tiene conto della scarsa “predisposizione genetica” degli italiani verso lo studio della matematica, le scienze e le lingue straniere, che H. Gardner ha ben spiegato nelle sue famose “Multiple intelligences”. Infatti, secondo i suoi studi e di altri, le nazioni asiatiche sono le migliori al mondo nell’apprendimento della matematica, delle scienze e dell’informatica, mentre i Paesi dell’area balcanica sono i migliori per le lingue straniere: le badanti ed i calciatori provenienti da tale latitudine lo stanno a dimostrare. “La buona scuola va!” è un pamphlet troppo benevolo con i fautori della legge omonima e troppo critico verso docenti e sindacati, trascurando le peculiarità culturali e storico-geografiche dei Paesi testati. Nemmeno l’enfatizzazione dei famigerati “Decreti delegati” (pag. 110), attraverso la legge 107, trova piena adesione nei “lavoratori della conoscenza”, a causa dei guasti che essi hanno procurato alla Scuola “nell’aprirla al territorio” ed alla pervasività dei genitori, sempre più spesso diventata bullismo. L’analessi che riprende l’undicesima critica (pagg. 120-121): <<L’equiparazione delle scuole pubbliche di Stato alle scuole private paritarie>> quantunque formulata alla rovescia, sembra voler prevaricare l’art. 33 della Costituzione, laddove recita testualmente:<< L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento. (…) Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.>> Sic et simpliciter, lo Stato non può accollarsi altri pesi, oltre quelli dell’istruzione pubblica, per sovvenzionare una Scuola concorrente, spesso classista, dove il figlio del professionista benestante non corra il “rischio” di sedersi accanto al collega che odora di bosco o di stalla. Morale della favola: la Scuola ideale non esiste, ed è fuorviante fare un esame comparativo con le altre realtà internazionali. Ed è un miracolo se i docenti italiani, tra i peggio pagati d’Europa, riescono ancora, nonostante tutto, in obbedienza a Piero Calamandrei, a trasformare i sudditi in cittadini. Certo è, invece, che nella “società liquida”, il primo nemico della cultura e della buona educazione è rappresentato dall’algoritmo (un vero e proprio moltiplicatore d’odio e mediocritas), che ha distrutto il pensiero divergente ed il tessuto sociale, trasformando, secondo il prof. V. Andreoli, l’homo sapiens sapiens in “homo stupidus stupidus”. E se lo smartphone verrà istituzionalizzato nelle classi, sarà il de profundis della Scuola. Anche l’esaltazione della Scuola americana è azzardata, visto che il magazine “Speak Up”, qualche tempo fa, titolava: “America’s Education Crisis. A Nation of Illitterates”, e Mr. Donald Trump si sta adoperando molto per non smentirlo.
prof. Domenico Calderone