Nell’era 3.0 il 32% dei giovani passa quattro ore al giorno online A sostenerlo l’ultima ricerca dell’Associazione Nazionale Di.Te. che ha intervistato oltre 23 mila giovani. Più del 17% del campione resta connesso tra le 7 e le 10 ore. Supera le 10 ore quasi il 13% degli intervistati. Entrando nel dettaglio si nota che dagli 11 ai 14 anni circa il 12% delle femmine e il 10% dei maschi dichiarano di passare più di 10 ore al giorno online, la percentuale sale rispettivamente al 35% e al 20% intorno ai 26 anni. In tutte le fasce di età indagate, invece, emerge che controllare lo smartphone con una frequenza di 10 minuti è l’esigenza di circa il 40% dei ragazzi. Partendo da questi dati Unicef Italia propone quest’anno per il suo decimo programma educativo con le scuole “Non perdiamoci di vista” che educa all’ascolto attivo, alla relazione autentica come fondamento per un’uso consapevole dei media e dei cellulari, in particolare nelle giovani generazioni, combattendo così bullismo e cyberbullismo. In qualità di presidente del Comitato provinciale Unicef di Potenza, lunedì 19 novembre, dalle 9,00 alle 12,00, ho incontrato, nella scuola media “Giacomo Leopardi” di Potenza, le classi prime C e D e la seconda C, invitato dalla professoressa Rosalba Lancellotti, docente responsabile per il bullismo nell’Istituto Comprensivo “G. Leopardi”, guidato dalla dirigente Cinzia Pucci. Ho incontrato 70 alunni attenti, disponibili, educati. Mi hanno accolto nelle classi con la loro “Scatola delle emozioni”. Sì era questa la consegna dovevano portare a scuola in una scatola tre oggetti a loro particolarmente cari che li raccontano. Abbiamo cominciato noi “grandi”. Io ho mostrato un blocchetto di appunti, una penna, un libro e la foto di uno dei miei figli e ho parlato del mio amore per lo studio, per i libri. La professoressa Lancellotti ha portato un portafortuna che un ambulante di Napoli le ha voluto regalare, un oggetto tanto caro ad un suo “nipotino adottivo” e una sua foto da piccola. Sciolto il ghiaccio i ragazzi si sono messi in gioco come avevano fatto gli adulti. Mi hanno sorpreso i “ciucciotti” e i carillon che a molti ragazzi ricordavano la loro prima infanzia. Non sono mancate le foto di famiglia, gli album con le tappe della crescita, i quaderni della scuola dell’infanzia. E ancora “Il libro delle coccole” e Sepulveda con “La storia del gatto e del topo che diventò suo amico” e tantissimi orsacchiotti, macchinine e magliette della squadra di calcio del cuore. E le cose, gli oggetti si sono animate di ricordi, emozioni positive e negative: gioia, felicità, serenità e anche ansia, paura, soprattutto del buio, rabbia. E da qui l’avvio dell’educazione alle emozioni per rafforzare l’intelligenza emotiva. Chi ti fa arrabbiare? Come domini la rabbia? Di cosa hai paura? E molti ragazzi e ragazze hanno accennato al rapporto con fratelli e sorelle, con i genitori. Tutti i ragazzi che ho incontrato posseggono un cellulare e lo usano sempre. Non a scuola. Ho notato che sulle cattedre c’era uno scatolo che li conteneva. Il viaggio è cominciato. Buon lavoro ragazzi e grazie per le emozioni che mi avete regalato. Buona vita.
Mario Coviello