San Carlo, così muore un ospedale. «Impossibile dopo i licenziamenti garantire le cure»

POTENZA – A causa del licenziamento anticipato di 70 infermieri del San Carlo di Potenza, e in attesa del subentro dei neo-assunti a tempo indeterminato, che non verranno “deviati” verso i poli periferici: «la sicurezza delle cure del paziente non può essere garantita». Lo hanno messo nero su bianco i coordinatori del personale infermieristico dell’azienda ospedaliera regionale, a distanza di meno di tre giorni dall’esplosione del caso degli oltre 100 precari (tra infermieri e operatori socio sanitari) accompagnati alla porta con quasi un mese di anticipo rispetto alla scadenza dei loro contratti, fissata per il 31 dicembre. Gli ex capisala del San Carlo hanno deciso di uscire allo soperto non appena si sono materializzate le prime conseguenze dell’improvviso taglio del personale a disposizione, sommato al blocco degli straordinari, per l’esaurimento dei fondi stanziati a bilancio nell’apposito capitolo di spesa. Senza il principale «degli strumenti di gestione in situazioni critiche» come questa, d’altronde, per i coordinatori è evidente che «la copertura dei turni di servizio, già garantita con le presenze minime di infermieri, non potrà essere più sostenuta». Di qui l’esigenza di rivolgersi al direttore del presidio ospedaliero di Potenza, al dirigente infermieristico, a tutti i direttori di reparto e di dipartimento del San Carlo, al direttore generale Massimo Barresi e al direttore sanitario, Rosario Sisto. Nella dura nota trasmessa nella giornata di ieri i responsabili in indirizzo vengono invitati a valutare subito le possibili soluzioni all‘emergenza che si è venuta a creare: «quali l’accorpamento di unità operative, la riduzione dei posti letto, la riduzione delle attività di elezione o l’eventuale rivalutazione con la direzione strategica delle prestazioni essenziali presso i presidi periferici, accendtrando le risorse dove le attività richiedono maggiore attenzione».

Se i licenziamenti appena disposti diventeranno effettivi solo il 6 dicembre, infatti, la maggior parte degli infermieri e operatori socio sanitari “in uscita” sono stati già messi in riposo forzato per smaltire le ferie arretrate (evitando che l’azienda debba liquidarle con un ulteriore esborso considerato insostenibile). Inoltre non è ancora chiaro quanti degli 83 assunti a tempo indeterminato che la prossima settimana dovrebbero completare l’immissione in ruolo verranno assegnati a Potenza, dove lavoravano i 70 licenziati. Col rischio che in 50 o ancora meno, senza la possibilità di fare ricorso agli straordinari, non riescano comunque a sopperire alle scoperture nei turni di una serie di reparti. Lo scenario ricorda da vicino quanto accaduto non più tardi di due mesi fa con l’assunzione a tempo indeterminato di un gruppo di anestesisti, 5 dei quali erano già in servizio con contratti precari a Potenza ma sono stati “deviati” verso i poli periferici dell’azienda ospedaliera (Melfi, Pescopagano e Lagonegro). Un provvedimento disposto in ossequio alla rinnovata attenzione al territorio promessa, in materia di sanità, dall’attuale amministrazione regionale e dall’assessore al ramo, Rocco Leone, che ha però portato al dimezzamento del numero di sale operatorie aperte nel capoluogo (col rinvio di una decina di interventi già programmati), all’aumento delle liste d’attesa e a un inevitabile calo della produzione. Le sue conseguenze, quindi, potrebbero pesare non poco sui trasferimenti statali destinati a quello che a lungo è stato considerato tra i più importanti ospedali del Mezzogiono. Nella nota dei coordinatori del personale infermieristico dell’azienda ospedaliera regionale non si dimentica il contemporaneo venir meno anche di una quarantina di operatori socio sanitari «di supporto». Né si potrebbe farlo dal momento che la sostituzione di questi ultimi  non è prevista prima che le aziende di provenienza diano il via libera al trasferimento dei vincitori della selezione per mobilità recentemente conclusa. Un via libera che potrebbe trascinarsi per tutto dicembre fino all’inizio del 2020.

Intanto, come si diceva, si registrano anche i primi disagi per i pazienti col rinvio di almeno due ricoveri per interventi programmati di trapianto di midollo osseo nel reparto di ematologia, e la riduzione dei posti letto attivi, nello stesso reparto, da 13 a 8. Sempre perché «allo stato la sicurezza delle cure del paziente non può essere garantita», come non possono garantirsi «i diritti dei lavoratori (ferie arretrate, permessi, eccetera), già lesi per il buon senso di chi si sacrifica ogni giorno». La nota degli ex capisala è arrivata alla vigilia della visita al San Carlo di Potenza del governatore Vito Bardi, che nei sette mesi trascorsi dal suo insediamento ha dovuto fare i conti più volte coi problemi della terza azienda lucana per fatturato e numero di dipendenti dopo Fca e Eni. A luglio erano stati i capi dipartimento a prendere carta e penna per sfiduciare il direttore generale Massimo Barresi, nominato a dicembre dell’anno scorso, a legislatura ampliamente scaduta, dalla giunta guidata dalla governatrice facente funzioni Flavia Franconi. Il mese dopo, invece, era balzata sulle cronache nazionali la chiusura (temporanea) per assenza di medici, dopo una serie di allarmi inascoltati, del reparto di terapia intensiva neonatale, col trasferimento di una decina di piccoli pazienti in strutture di fuori regione e il blocco dei parti pre-termine, deviati a loro volta in strutture confinanti. A settembre, infine, è stato il turno degli anestesisti, che hanno denunciato pubblicamente la «scelta miope» compiuta dalla direzione generale dirottando risorse sui presidi periferici.

GIÀ RINVIATI DUE TRAPIANTI DI MIDOLLO – «Quattro unità in meno in pronto soccorso, per urgenze ed emergenze, riduzione dei posti letto nel reparto di ematologia con relativo annullamento di operazioni salvavita di trapianto, nonché la mancanza di ben 9 unità in Neurochirurgia». E’ questo il bilancio, parziale, del primo giorno di disagi provocati dalla decisione della direzione dell’azienda ospedaliera San Carlo di licenziare con un mese di anticipo un centinaio di infermieri e operatori sanitari con i contratti in scadenza a fine dicembre. Ieri mattina alcuni di loro si sono incontrati per fare il punto della situazione e denunciare lo svilimento delle alte specialità che rappresentano il vanto dell’azienda ospedaliera regionale, ma a causa dell’improvvisa carenza di personale infermieristico e di supporto «non riescono e non possono far fronte alle esigenze dei cittadini». «Un diritto mancato, negato dalle pubbliche amministrazioni che dicono di non poter far fronte a dei costi». Così la portavoce di un gruppo di precari riunitosi ieri mattina a Potenza, Ilaria De Stefano, che al telefono col Quotidiano del Sud ha sottolineato l’importanza di «portare alla luce il disastro e l’ingiustizia compiute a discapito di noi tutti, nonché dei cittadini della regione Basilicata». In merito ai disagi De Stefano ha aggiunto che sarebbero stati già rinviati due interventi di trapianto di midollo, e se nel reparto di ematologia 5 dei 13 posti letto sono stati già disattivati in quello di cardiologia ci sarebbero solo due infermieri in servizio per 30/40 pazienti. «Ci sono dei fondi stanziati ma vincolati – aggiunge De Stefano parlando di possibili vie d’uscite da questa situazione – , per cui si richiede la volontà da parte della direzione generale di usufruirne». «Chiediamo alle autorità competenti – aggiunge la portavoce del gruppo di precari – di prendersi la responsabilità del ruolo che si sta ricoprendo, di svincolare questa opportunità per far fronte non solo alle esigenze dei lavoratori precari, ma, soprattutto, alle necessità dei cittadini che hanno il diritto costituzionale alla salute».

Fonte: Il Quotidiano del Sud

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