Matera è nella graduatoria “top ten” tra le dieci città con rette per asili nido che pesano di più sul budget netto familiare (10,1%); a Potenza l’incidenza è pari al 7%. Nell’universo della fiscalità locale oltre IMU, IRPEF Comunale o TARI, ci sono dunque anche le rette per la frequenza degli asili nido a condizionare la vita delle famiglie più giovani. Per il 2019-2020 i costi per la frequenza degli asili nido comunali pesano sulle tasche delle famiglie italiane, mediamente, 270 euro al mese (2.700 euro l’anno), che incidono per il 7,2% sul budget netto familiare. I dati scaturiscono da un’elaborazione del Servizio Politiche Territoriali della UIL sulle rette degli asili nido comunali, in 99 città capoluogo di provincia, per l’anno scolastico 2019-2020, riferite alla frequenza al tempo pieno (circa 8 ore). In dettaglio: a Matera si spende 380 euro al mese per un totale di 3.800 euro l’anno; a Potenza 262 euro mensili per un totale di 2.620 euro. L’indagine prende a campione una famiglia, composta da due lavoratori dipendenti, con un reddito di 44 mila euro (37.600 euro netti l’anno), pari a un reddito ISEE di 17.812 euro. Ovviamente – spiegano alla Uil – i costi variano sensibilmente da città a città, anche in relazione ai servizi offerti. Dai dati elaborati, spiccano Brescia e Cuneo, dove frequentare un asilo nido, per la famiglia campione, costa mediamente 445 euro mensili (l’11,8% del budget familiare); rette più basse a Trapani dove frequentare un asilo nido quest’anno costa mediamente 111 euro mensili (il 3% del budget familiare); a Vibo Valentia 129 euro (il 3,4% del budget familiare); a Cagliari 133 euro (il 3,5% del budget familiare); a Pesaro 134 euro (il 3,6% del budget familiare); a Reggio Calabria 138 euro (il 3,7% del budget familiare).
I Comuni – spiega Ivana Veronese, Segretaria Confederale della UIL – incassano, complessivamente, oltre 223 milioni di euro l’anno dalla compartecipazione delle famiglie ai costi di gestione degli asili nido comunali e convenzionati. L’alto costo delle rette si ripercuote, in maniera piuttosto pesante, sulla tenuta del potere di acquisto dei salari e, per questo, condividiamo l’idea del Governo di rendere gratuita la frequenza negli asili nido per le famiglie con redditi medio bassi. Ma, al contempo, il Governo dovrà compensare integralmente i Comuni della mancata compartecipazione delle famiglie ai costi di gestione, perché non vorremmo che da questa operazione possano aumentare le imposte e tasse locali. C’è poi da considerare ancora l’insufficiente diffusione della rete dei servizi per l’infanzia, soprattutto nel Mezzogiorno, che ha delle pesanti ripercussioni, dirette ed indirette, anche sull’occupazione in generale e su quella femminile in particolare. C’è bisogno, quindi – continua Veronese – di una maggiore diffusione dei servizi per l’infanzia in tutto il territorio nazionale a iniziare dal Sud dove, nell’annunciato Piano, i servizi di conciliazione vita-lavoro dovranno avere priorità.
Per Carmine Vaccaro segretario regionale Uil Basilicata i dati rilevano tutte le difficoltà per le donne lucane lavoratrici nella conciliazione vita-lavoro sino a determinare, in tanti casi, la rinuncia al lavoro. Da noi funziona ancora l’aiuto dei genitori-nonni a cui affidare i figli che diventa un efficace sistema sostitutivo a quello dei servizi per l’infanzia carenti sopratutto nei centri più piccoli.