Il cinghiale è diventato una grave minaccia nella regione, ma è scontro sulle cause della sua proliferazione e, soprattutto, sulle modalità da adottare per contenerne gli esemplari sul territorio. Se, da un lato, amministrazioni ed enti si adoperano per individuare strumenti utili ad evitarne la proliferazione, dall’altro c’è chi, come Legambiente, sostiene che la responsabilità della corposa diffusione dei cinghiali sia da ascrivere non solo ai cacciatori, ma anche a chi, qualche anno fa, sembrerebbe non aver ascoltato il consiglio degli ambientalisti. Peraltro Legambiente ha sottolineato come gli ambientalisti non vengano mai invitati in occasione di incontri come quello tenuto a Parco dei Monaci, a Matera, promosso dalla Regione con i rappresentanti dei 5 parchi lucani per discutere della gestione dei numerosi branchi di cinghiali presenti sul territorio. Il problema c’è, ma viene osservato da punti di vista diversi. Il Parco della Murgia materana, ad esempio, nel ritenere che la presenza dei cinghiali all’intero del Parco sia un problema (di parere opposto, invece, Legambiente) ha sposato il programma della Regione, denominato “Inngreenpaf”, con l’obiettivo di mettere a punto un vero e proprio programma di cattura e trasferimento di questi animali verso la macellazione o verso aree venatorie.
L’incontro di Matera ha avuto come obiettivo proprio quello di divulgare le pratiche al momento in fase in attuazione, per condividere con i rappresentanti dei 5 Parchi lucani (nazionale del Pollino, nazionale dell’Appennino Lucano Val d’Agri-Lagonegrese, regionale di Gallipoli Cognato-Piccole Dolomiti Lucane, regionale del Vulture e, appunto, della Murgia materana), le metodologie, risolvere comuni problematiche e confrontarsi sulla gestione della tematica nei rispettivi territori, nonché presentare, appunto, il progetto attuativo citato. E se Legambiente sostiene che all’interno di un Parco tutti gli animali debbano essere tutelati allo stesso modo e che, quindi, nessun esemplare vada soppresso, la scopo dei parchi lucani, recita una nota, «è la tutela della biodiversità dei rispettivi territori, minacciata dal sovrabbondante numero di cinghiali che ne altera i delicati equilibri, sia in termini di distruzione di colture, che di sopravvivenza di fauna e di alterazione di habitat di interesse comunitario. È necessario ridurre drasticamente la popolazione dei cinghiali per limitare lo squilibrio ecologico che questa specie genera, oltre che risolvere tutte le problematiche legate all’allevamento ed all’agricoltura». La differenza di vedute continua.
Fonte: La Gazzetta del Mezzogiorno