Naomi Panariello, la calciatrice lucana che si trasforma in clown per i bimbi del Meyer

Naomi Panariello è di Vietri di Potenza

Radici lucane, toscana d’adozione: incrocio pratese – pistoiese, tra residenza lavoro e sport. Brava, bravissima in campo, campionessa fuori, nella vita di tutti i giorni. Naomi Panariello, 25enne calciatrice del Real Aglianese, sta tornando, per l’ennesima volta, alla vita: ha ripreso a studiare, seppure a fatica come confessa candidamente, Scienze Infermieristiche a Pistoia e a lavorare (è commessa in un negozio di abbigliamento di un noto centro commerciale di Campi Bisenzio). Ma ci sono un paio di cose che in questo periodo le mancano più delle altre. “Giocare a pallone, naturale, e i ‘miei bambini’”, afferma: sì, i bimbi dell’Ospedale Meyer di Firenze, ove fa volontariato travestendosi pure da clown, “per cercare di restituire il buono che ho avuto da quel nosocomio”. Pare il marchese Onofrio del Grillo. “Quanno se scherza, bisogna èsse’ seri!”. E lei è una giovane donna seria, volitiva, costante, che ha vinto la battaglia contro una malattia del sangue, la piastrinopenia, la difficoltà del sangue a coagulare, ma non la guerra (purtroppo). Perché vive a 360 gradi, ma è sempre sotto osservazione, analisi continue, la Spada di Damocle della leucemia, che auspichiamo non si manifesti mai. Esame del midollo al “Meyer”, oggi sotto controlli costanti a Careggi.

“La mia storia, tenuta nascosta per anni, ormai è conosciuta e di stimolo ad altri ragazzi proprio grazie a La Nazione, che un paio di anni fa la raccontò. Ecco, questa pandemia da Covid-19 non mi ha tolto soltanto il football, che mi auguro di poter ricominciare a giocare presto, ma soprattutto il rapporto con giovani e giovanissimi che stanno lottando, che sono i veri eroi dei nostri tempi per il carattere da leoni. Una decina di ragazzini del D-Hospital di Oncoematologia, una ventina di Chirurgia del ‘Meyer’, un ambiente splendido. Andare lì, parlare con loro, provare a far trascorrere loro dei momenti spensierati mi fa stare bene. È per loro, ma pure per me, perché si stabilisce un feeling, un idem sentire.

Sono momenti belli, preziosi, in cui si capisce veramente l’essenza dell’esistenza. In questi mesi, purtroppo, non è possibile andare a trovarli, a far loro visita perché si rischia di far loro del male, di contagiarli, di metterli in ulteriore pericolo. Speriamo che quest’emergenza sanitaria finisca, ho voglia, ho tanta voglia di rivedere bambini che ormai sono amici, anche se coi giorni, le settimane, cambiano”. Corteggiata da Unione Montalbano, di Promozione, e Rinascita Doccia Sesto Fiorentino, di Eccellenza, tifosa del Milan e Valentina Giacinti, attaccante rossonera, fa lunghe passeggiate, in attesa di ripartire a giro per il mondo, e suona la chitarra. Pensando, con un “sorriso serio”, a chi sta peggio di lei. “Averne di atlete così”, esclama, tutte le volte che gli si chiede un parere sul calcio femminile, il professor Marco Falasca, preparatore atletico professionista del pallone. Averne sì, di Naomi Panariello.

Gianluca Barni – La Nazione

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