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La musica “taumaturgica” di Nicola Suozzi, in arte “Dirindindin”, in un nuovo cd dell’artista lucano di Ruvo del Monte

Parlare di musica folk in un momento drammatico come quello che stiamo vivendo, peraltro amplificato stucchevolmente dall’infodemia telemediatica, di primo acchito, potrebbe sembrare blasfemo. Invece, la musica rappresenta un lenitivo efficace, quasi taumaturgico, per combattere lo stress, l’inquietudine e l’ansia che si sono impadroniti di tutti noi, comuni mortali, dal momento della misteriosa “schiusa” del terribilissimo, ineluttabile Corona-virus, di cui tutti si accreditano, con grande sussiego, come esperti acclamati, oracoli infallibili, salvo poi rivelarsi dei falsi pifferai magici alla corte di questo o quel personaggio politico, quindi, puntualmente smentiti nelle loro teorie, come in una sceneggiatura da “brivido dell’imprevisto” di A. Hitchcock. Infatti, siamo ripiombati nel 2° girone dell’inferno. Per fortuna c’è Nicola Suozzi, cantafisarmonicista di Ruvo del Monte, meglio noto come Dirindindin (nome d’arte mutuato dal ritornello onomatopeico della canzone popolare “L’uva fogarina”, grande successo discografico del Duo di Piadena, negli anni ’70 del secolo scorso, oltre che colonna sonora del grande Ennio Morricone per un film dei fratelli Taviani), che, a dispetto della sua non più tenera età (classe 1946!), è al suo secondo CD musicale in tre anni. Infatti, dopo “Ricordo di un amore”, del 2017, è alla pubblicazione della sua seconda raccolta di canzoni folk intrise di “liscio popolare”; il titolo del CD appena uscito, enigmaticamente polisemico, è “Tu che vuoi”. Si tratta di un compact disk completamente “made in Basilicata”, concepito durante il primo “confinamento coatto” di febbraio, che contiene 12 belle canzoni: una miscellanea di vecchi brani rielaborati, giustapposti a pezzi nuovi, come l’eponimo del titolo di copertina, composti da Nicola Suozzi medesimo, registrati grazie all’assistenza tecnico-informatica di Giuseppe Ciampa, che, da tecnico del suono, ne ha curato anche gli effetti sonori speciali pre-incisione, avvenuta presso una nota sala d’incisione di Filiano. Le canzoni, eseguite magistralmente alla tastiera elettronica, e accompagnate dalla voce baritonale, graffiante, con tratti indicali neomelodici, inconfondibilmente peculiari di Dirindindin, sono un inno all’amore, che confortano l’eufonia e premiano l’audacia di questo simpatico personaggio che, grazie alla musica, ha evitato, prima, di soccombere davanti alle sventure orditegli dal destino, come quando, qualche lustro fa, perse prematuramente il figlio Michele, bravo studente universitario di soli 21 anni, conosciuto allo scrivente per motivi didattici. Ed ora che, insieme a noi, è sotto la minaccia di questa invisibile, misteriosa entità biologica, che sta seminando distruzione e morte, da inguaribile ottimista continua imperterrito a coltivare l’arte nobile che affina lo spirito. E che gli ha anche regalato diverse soddisfazioni, durante l’età giovanile, tra cui: la fondazione, nel 1972, del complesso musicale “Gli amici 85” con cui si piazzò, nell’anno successivo, al 2° posto al mitico “Festival di Ariccia”, organizzato da Rita Pavone e Teddy Reno. Nel 1974, poi, incide, presso la casa discografica svizzera “Elite special”, il suo primo polivinile a 45 giri, contenente le due canzoni: “Con l’amore non si gioca” (lato A) e “Gira il mondo” (lato B), riscuotendo un buon successo di pubblico e di vendite nella Svizzera di lingua italiana. L’artista Suozzi, emigrato giovanissimo all’estero, ha colà lavorato molti anni come tecnico qualificato di impiantistica termica e, parallelamente, ha studiato, da autodidatta, la fisarmonica, fino a diventarne un virtuoso. In questa veste, infatti, ha dedicato il suo tempo libero ad esibizioni open air, in chiese, circoli culturali ecc. riscuotendo sempre attestati di simpatia ed i favori del pubblico, come riferisce il report giornalistico intitolato “Abschied von einem echten Dorforiginal”, ossia “Addio di un vero personaggio sui generis”, apparso nel 2001 (nel momento del suo rientro definitivo in patria), sul quotidiano di lingua tedesca “Zȕrich Zeitung”. Insomma, per Dirindindin, e non solo per lui, la musica, in buona sostanza, è una sorta di “comfort bubble” in cui ci si sente protetti ed a proprio agio, a qualsiasi età anagrafica. Alla faccia di tutti gli “uccelli di malaugurio”, sparsi specialmente nelle aree “trumpiste” della penisola, che, in sintomatica fase di non compos mentis, alimentando l’assurdo scontro ideologico catastrofisti vs negazionisti, non perdono l’occasione per vaticinare l’apocalisse, soprattutto per la terza età, definita vergognosamente “non più necessaria alla vita produttiva del Paese”. Facciamo i debiti scongiuri, e stiamo tutti attenti a non lasciarci illudere da chi ci offre facili, dannosi fomiti di libero arbitrio, se vogliamo smentire la famosa “Canzona di Bacco” medicea, e far sì che … del doman vi sia certezza! E ora smettiamola di gridare “crucifige!” a questo e a quello, e osserviamo le regole anti-virus, perché dura lex sed lex! Oltretutto, sarebbe indice di rispetto per tutti i medici (a cominciare da quelli di famiglia), gli infermieri e l’altro personale della filiera sanitaria, ai quali va la nostra più viva gratitudine, in quanto martiri che stoicamente, e tra mille difficoltà, per obbedire ad Ippocrate e alla propria coscienza, rischiano, come non mai, la propria vita, per salvare quella degli altri, come già è accaduto. In ultima analisi, la “passphrase”, o morale della favola, è: non permettiamo alla “proteina spike” di pervaderci; pensiamo positivo, ma senza diventarlo! Perché, di positivi, purtroppo, già ce ne sono troppi!

Prof. Domenico Calderone

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