“Experimental deterministic correction of qubit loss”, ossia: la correzione degli errori nei computers quantistici, in un lavoro di ricerca del lucano Davide Vodola, pubblicato sulla rivista inglese “Nature”
Redazione
“The successful operation of quantum computers relies on protecting qubits from decoherence and noise, which—if uncorrected—will lead to erroneous results”
La notizia scoop, che ha fatto il giro del mondo, è una di quelle che potremmo definire “tasty”, per la sua pregnanza. E tra i protagonisti c’è anche un lucano. Si tratta di Davide Vodola, giovane ricercatore dell’Università Alma Mater Studiorum di Bologna, originario di Ruvo del Monte, che, insieme con Roman Stricker, Alexander Erhard, Lukas Postler, Michael Moth, Martin Ringbaum, Philipp Schindler, Thomas Monz, Marcus Mȕller e Rainer Blatt, si è visto gratificare da “Nature”, prestigiosa rivista scientifica, grazie alla pubblicazione, in lingua inglese, di un interessante lavoro d’équipe svolto sugli errori di calcolo dei computers quantistici. Sì, parliamo di processori quantistici a ioni intrappolati, che sfruttano le proprietà degli atomi per innalzare le capacità di calcolo di questi speciali elaboratori elettronici. E, curiosi, cerchiamo subito un contatto con il dr. Vodola, per saperne di più. Lo incontriamo a casa dei suoi genitori, nel paese natale, prima del lockdown, e ci dice di essersi diplomato al Liceo scientifico “A.M. Maffucci” di Calitri, nel 2005, con votazione 100/100. Poi ha frequentato l’Università di Bologna, dove, nel 2009, ha conseguito la laurea triennale in Fisica e, nel 2011, quella magistrale in Fisica teorica, con votazione 110/110 e lode. Nel 2012 ha iniziato un Dottorato in Fisica in cotutela tra l’Università di Bologna e quella di Strasburgo. In tale città, nel 2013, ha lavorato all’Institut de Science et d’Ingénierie supramoléculaires. Agli inizi del 2014, ritornato a Bologna, e proseguendo gli studi, nel 2015 ha conseguito il titolo di Dottore di Ricerca. Ripartito per Strasburgo, lavora come assegnista dove aveva svolto l’anno di Dottorato, fino al 2016. Poi, la voglia di trasferirsi in un Paese anglofono, lo porta a Swansea, nel Galles, presso un nuovo team di Ricerca. La grande svolta avviene nel 2019, allorquando risulta vincitore di un concorso all’Università di Bologna. Da allora, il dr. Davide Vodola è un Ricercatore junior presso il Dipartimento di Fisica e Astronomia di tale ateneo. Ora che conosciamo il cursus studiorum di questo giovane scienziato, onore e vanto della “povera” terra di Lucania, data la complessità dell’argomento, al fine di decriptare il lessico ermetico del linguaggio tecnico rappresentato dagli idioletti/socioletti settoriali, preghiamo lui medesimo di fare l’esegeta di se stesso: << I computer quantistici rivoluzioneranno nei prossimi anni l’elaborazione dell’informazione perché essi permettono di risolvere problemi come l’ottimizzazione e la simulazione di sistemi anche complessi con una potenza di calcolo di gran lunga superiore rispetto a quella dei computer classici. Tuttavia lo sviluppo di un processore quantistico completamente funzionante costituisce ancora una grande sfida per gli scienziati di tutto il mondo perché l’unità di base dei computer quantistici- il cosiddetto qubit- è estremamente fragile e suscettibile a errori per l’interazione con l’ambiente esterno. L’esecuzione degli algoritmi sui computer quantistici richiede perciò lo sviluppo di tecniche di correzione degli errori come avviene anche per i computer classici. Attualmente è risaputo che i processori quantistici possono tollerare un certo livello di errori computazionali di inversione di fase e bit, ma poco ancora si sa su come prevenire e correggere gli errori dovuti ad una parziale o totale perdita dei qubit dal processore quantistico. Tali errori possono esser dovuti o alla reale perdita delle particelle quali atomi o ioni dai registri quantistici oppure sono dovuti a transizioni verso stati elettronici che non appartengono a quelli scelti per i qubit. Tutti questi processi causano la perdita anche parziale dell’informazione precedentemente immagazzinata e possono rendere il processore quantistico inutilizzabile. (…) Perciò, con dei colleghi fisici sperimentali e teorici dell’Università di Innsbruck e di Aquisgrana, abbiamo sviluppato ed implementato un protocollo che permette di monitorare, proteggere e correggere l’informazione quantistica nel caso di errori dovuti a perdite di qubit. (…) E con il mio precedente supervisor, Markus Mȕller, (…) abbiamo dimostrato teoricamente che l’informazione contenuta in un registro di alcuni qubit può essere protetta e anche completamente recuperata nel caso in cui uno di questi venisse perduto. Successivamente questo protocollo è stato implementato in un reale processore quantistico a ioni intrappolati che si trova presso il Dipartimento di Fisica sperimentale dell’Università di Innsbruck diretto dal prof. Rainer Blatt (…).>> Alla fine di questa “explanatio per argumenta exemplorum”, abbiamo chiesto al nostro illustre interlocutore circa le difficoltà che il team ha dovuto affrontare per risolvere tutti i complessi problemi connaturati a questa tipologia di sperimentazione nel nucleo della materia. Ecco la risposta: << Una delle sfide che lo studio ha dovuto affrontare era data dall’impossibilità di misurare direttamente i qubit per capire quale di essi fosse ancora presente nel processore, perché ciò avrebbe distrutto completamente l’informazione immagazzinata. La soluzione è stata quella di utilizzare un qubit addizionale per monitorare se il qubit in questione fosse ancora presente.>> Semplice, no? Sì, proprio un gioco da ragazzi; purché si tratti di ragazzi come Davide Vodola! Chapeau!