Come recuperare giuridicamente l’autore di un reato? E’ possibile riabilitarlo socialmente?
Sono gli interrogativi a cui cerca di dare una risposta il prof. avv. Donato Santoro, nel libro, che in un certo senso, costituisce uno sviluppo, ed un ampliamento del tema affrontato nel suo “La rieducazione…” (Youcanprint – 2020) Qui il centro dell’attenzione è rivolto alla riabilitazione del reo. Arricchito da un’ottima introduzione e da una pregevole prefazione, questo lavoro, ci immerge, come fa di solito il Santoro, in un percorso storico volto ad evidenziare l’evoluzione della disciplina giuridica, con un sempre puntuale richiamo alle direttive della CEDU. Come si diceva,
Gli artt. 178-181 c.p. disciplinano l’istituto. Il presupposto per la concessione del beneficio, previsto dall’art. 179 c.p. è l’esistenza di un titolo esecutivo, cioè di un provvedimento di condanna.
beneficio, che comporta l’estinzione delle pene accessorie e degli altri effetti penali (la cancellazione dal casellario giudiziale). Dopo aver evidenziato i profili processuali, vengono sottolineate le diverse forme di riabilitazione. Bisogna dire, che causa ostativa per la concessione del beneficio è la sottoposizione del condannato a misure di sicurezza. La seconda parte del libro si concentra sulla giustizia riparativa, propria dei paesi di common law. La novità di questa nuova concezione della pena è che si guarda non tanto all’autore del reato, ma al danno che il reato stesso cagiona alla persona offesa. E’ una terza via compatibile sia con l’aspetto retributivo della pena che con le vie della rieducazione. Dunque, diventa fondamentale la natura risarcitoria (e restitutoria) ai fini del soddisfacimento della vittima, dando luogo ad un rapporto di tipo contrattuale tra le parti.E, a tal fine, la riparazione, quale conditio sine qua non della successiva riabilitazione deve essere personale e non opera di terzi.
In Italia lo schema riparativo è ostacolato dal principio dell’obbligatorietà dell’azione penale,ma ha trovato un “compromesso”, grazie ad alcuni interventi normativi – la legge n.67 del 2014, e la legge n. 103 del 2017 – , che hanno introdotto modalità altre riconducibili allo schema riparativo. Infine, l’accento è posto sull’istituto dell’ affidamento in prova, misura alternativa alla detenzione, disciplinato dall’art. 4 della legge 26 luglio 1975 n.354 dell’ordinamento penitenziario. L’istanza presentata dall’interessato viene accolta dopo averne osservato la personalità e il comportamento. E’ una misura che, in qualche modo, ottempera alle indicazioni della CEDU in materia di sovraffollamento. Essa estingue la pena detentiva e gli effetti ad essa riconducibili. La differenza sostanziale rispetto alla riabilitazione è che l’esito positivo di un affidamento in prova non comporta la cancellazione della condanna dal casellario giudiziale. Ciò ha delle inevitabili ripercussioni sul reinserimento sociale e sulla ricerca lavorativa. Ed è per tale motivo che spesso si richiede la riabilitazione solo successivamente al positivo espletamento dell’affidamento in prova.
Giuseppe Giannini
cultore del diritto, analista politico