“Come sapete, abbiamo in più occasioni detto che la morte di un detenuto è sempre una sconfitta per lo Stato”, commenta. “La via più netta e radicale per eliminare tutti questi disagi sarebbe quella di un ripensamento complessivo della funzione della pena e, al suo interno, del ruolo del carcere: certo non indulti o amnistie”. Capece richiama un pronunciamento del Comitato nazionale per la Bioetica che sui suicidi in carcere aveva sottolineato come “il suicidio costituisce solo un aspetto di quella più ampia e complessa crisi di identità che il carcere determina, alterando i rapporti e le relazioni, disgregando le prospettive esistenziali, affievolendo progetti e speranze. La via più netta e radicale per eliminare tutti questi disagi sarebbe quella di un ripensamento complessivo della funzione della pena e, al suo interno, del ruolo del carcere. Proprio il suicidio è spesso la causa più comune di morte nelle carceri. Gli istituti penitenziari hanno l’obbligo di preservare la salute e la sicurezza dei detenuti, e l’Italia è certamente all’avanguardia per quanto concerne la normativa finalizzata a prevenire questi gravi eventi critici. Ma il suicidio di un detenuto rappresenta un forte agente stressogeno per il personale di polizia e per gli altri detenuti e sconforta che le autorità politiche, penitenziarie ministeriali e regionali, pur in presenza di inquietanti eventi critici, non assumano adeguati ed urgenti provvedimenti”.
Impietosa la denuncia del leader del SAPPE, che si appella al Ministro Guardasigilli Carlo Nordio: “Fino ad ora i vertici del Ministero della Giustizia e del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria non sono stati in grado di trovare soluzioni alla gravissima situazione delle carceri italiane. Chiediamo quindi al Ministro della Giustizia Carlo Nordio un netto cambio di passo sulle politiche penitenziarie del Paese.”