Da oltre due mesi il parcheggio dell’Associazione Insieme Onlus a Potenza Città Sociale è crollato a causa di uno sversamento d’acqua diretto al Basento e non ancora precisato. In queste settimane forze dell’ordine e rappresentanti delle istituzioni hanno raggiunto la sede dell’associazione e fatto sopralluoghi. Ma al momento – lamenta Insieme – un nulla di fatto. Ospitiamo su Melandro News l’intervento del presidente Mimmo Maggi e dell’intera associazione, che, “al limite dello scoramento, chiedono attenzione ed aiuto”.
Una delle leggi basilari della politica rappresentativa è che le istituzioni, con le persone che le dirigono, sono diretta espressione del territorio su cui agiscono. Questo è il primo pensiero che,
mesto, balena nella nostra mente quando entriamo nel parcheggio accanto alla mensa dei ragazzi, in comunità, ogni mattina da oltre due mesi. Ad urlarcelo agli occhi è il fosso o, come lo abbiamo rinominato, la “fossa”, che si stende davanti a noi, impertinente, sovversiva, costante, come il fiotto del liquido di origini e composizione sconosciute che zampilla da un tubo che presumibilmente sversava nel fiume Basento fino ad oltre due mesi fa, quando il terreno ha ceduto nel corso di un semplice temporale, portando con sé tutto ciò che c’era sopra. È stato clemente: il tutto è successo nel fine settimana, quando erano presenti poche auto e poche persone in quella precisa zona della proprietà dell’Associazione Insieme. Un miracolo direbbero alcuni. Ed è grazie a questi continui miracoli che, “fortunatamente”, tutti possono continuare a mettere la testa sotto la sabbia o, questa volta, sotto il fango. Ed eccola lì, la possibile analogia tra le istituzioni ed il territorio. Un territorio che cede in una scarica d’acqua, che si spacca, e crolla, e porta giù con sé qualsiasi cosa. È un territorio che fa “acqua”, un’acqua sporca, putrida, marcescente. È un territorio che non regge il suo peso, inaffidabile, inconsistente. Ma non è il terreno caduto a scavarci dentro giorno e notte; non è il piccolo torrente, né la pozza, che indeboliscono ancora di più il terreno circostante e che continuano a rilasciare chissà quali sostanze, a farci tremare dall’indignazione. È un altro il piccone che scolpisce la miniera della nostra rabbia e del nostro sconforto. È la voragine che si apre davanti a noi da quando abbiamo chiesto aiuto. Il vuoto che si apre davanti ai nostri occhi, il silenzio delle istituzioni, la loro scrollata di spalle, la delega di ogni responsabilità, l’impenetrabile ed imponente indisponibilità ad affiancare, a prendersi cura di un pezzo di cosa pubblica, a seguire una vicenda che riguarda tutti, dagli organi di gestione alle forze dell’ordine, dal comune alla provincia, fino alla regione. Abbiamo contattato la lista completa: L’Acquedotto Lucano, i vigili del Fuoco, il Corpo Forestale, la Polizia, gli uffici comunali, provinciali, regionali… niente.
Nessuno che indica strade. Ciascuno rimane immobile, in silenzio, e prova a sversare la responsabilità sull’altro, scavando fosse intorno alla propria, ritirando i ponti levatoi per rendersi irraggiungibili, intoccabili. È lì che ci manca la terra sotto i piedi. È lì che ci sentiamo con un piede nella fossa. Stiamo raggiungendo l’esasperazione, ne stiamo dando i segnali, ma nessuno fa niente. Oggi siamo scesi in quel fosso, ma c’eravamo già. Ce lo hanno scavato tutte le istituzioni così pronte ad indicare chi NON chiamare, cosa NON fare. Per quanto possa sembrare, questa non è una semplice lettera di denuncia. È anche una richiesta di aiuto, l’ennesima, che speriamo non frani, come le altre, tirata giù dalla tonante indifferenza dell’immobilismo istituzionale.