L’economia della Basilicata non può essere ostaggio del petrolio e di Stellantis. L’intervento di Medinlucania
Claudio Buono
“La Basilicata non può basare la gran parte della sua economia e del suo PIL sull’estrazione petrolifera e sul polo industriale automobilistico di Melfi. Due settori in mano a delle multinazionali che mirano a fare profitto per i propri azionisti e sono condizionate dalle dinamiche dei mercati internazionali e mondiali. La Basilicata deve, prima di tutto e quanto prima, essere capace di individuare e valorizzare la sua vocazione produttiva investendo nei settori che riguardano il proprio territorio e le proprie peculiarità endogene. E questo percorso deve essere in grado di definirlo e proporlo la politica. La buona politica e le sue articolazioni. La regia dovrebbe essere in mano alla Regione Basilicata e alle sue istituzioni esecutive, in sintonia con il governo nazionale e con il sistema imprenditoriale, professionale e sociale lucano”.
E’ questo il punto di vista dell’associazione socio-culturale Medinlucania in merito alla gravissima crisi economica che sta colpendo la Basilicata.
“Fin quando la politica lucana si occupa dell’ordinario e non pianifica una visione a media e lunga scadenza, ma si limita a intervenire solo quando si aprono le crisi produttive e vanno gestiti i lavoratori che finiscono in cassa integrazione, – scrive Medinlucania in una nota – non ci potrà essere una Basilicata che riesce a tutelare se stessa e a impostare una prospettiva di benessere e sviluppo diffuso. Ultimo esempio, in forte evidenza in questi giorni, – sottolinea l’associazione – riguarda la ricaduta che potrebbe sconvolgere la tenuta produttiva, economica, sociale e occupazionale della regione, provocata dalla crisi dello stabilimento Stellantis di Melfi e del suo indotto. Da vari anni si avvertiva il problema e le denunce dei sindacati lo avevano testimoniato più volte. Ora, con l’accelerazione in corso, scaturita dalle scelte aziendali e dalla transizione dai motori termici alle vetture elettriche, la situazione è diventata drammatica. I dati di Melfi sono devastanti: migliaia di posti di lavoro diretti e dell’indotto sono già stati persi, le possibilità di tornare ai numeri del passato sono molto basse e la governance dell’azienda, che è prevalentemente francese, più che pensare alla salvaguardia dello stabilimento lucano e di quelli italiani, è concentrata sui siti produttivi presenti in Francia e su quelli ritenuti più competitivi della Spagna e del Portogallo. Ben vengano – continua Medinlucania – i tavoli di concertazione delle Regioni italiane interessate, del presidente lucano Vito Bardi e del governo nazionale. L’ultimo, quello di tre giorni fa a Roma, con il ministro delle imprese e del made in Italy Adolfo Urso. Questi incontri vanno fatti e sono sicuramente utili per salvare il salvabile, ma è chiaro a tutti che sono stati persi anni preziosi e bisognava intervenire prima. Purtroppo, il sito dell’automotive di Melfi è già molto in affanno e non possono bastare le rassicurazioni del presidente Bardi quando dice che ‘lo stabilimento di Melfi è al centro del piano nazionale sull’automotive predisposto dal governo’. Troppe volte la politica si limita a fare annunci e poi non succede niente o succede poco e a pagare restano i territori e i lavoratori. Non vogliamo essere pessimisti, – precisa l’associazione socio-culturale – ma siamo molto preoccupati e ci auguriamo che la Regione Basilicata e il governo nazionale siano capaci di trovare le soluzioni più appropriate”
“Intanto – continua l’associazione in una nota -, pensando al futuro, sarebbe utile che la politica lucana iniziasse a ragionare oltre il petrolio e la produzione delle auto a Melfi. Facendo solo alcuni esempi, di quello che si potrebbe pianificare per i prossimi anni, – conclude Medinlucania – ci piacerebbe pensare ad una Basilicata che investe e si concentra sulle produzioni agricole di qualità, sull’industria agroalimentare, sul turismo verde e eco-sostenibile, su un piano per diventare il baricentro della logistica per le regioni del Sud e per il Mediterraneo, su dei centri di ricerca per i giovani, per una Silicon Valley lucana dedicata alla transizione energetica, ecologica e digitale, come quella creata in provincia di Catania. Tutto alquanto complesso, ma si potrebbe fare, basterebbe crederci e lavorare sodo”.