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Un Paese senza etica, dove non c’è pace né per i vivi e né per i morti. Lo scandalo delle cremazioni in forni degli orrori, ovvero le “bare di Pandora”

Onore e merito alla negletta trasmissione televisiva “Mi manda Raitre”, che, con coraggio, ha rilanciato l’esecrabile notizia, nella puntata mattutina del 15 ottobre 2023, h 9:00. Dispiace, però, che solo il programma di Federico Ruffo abbia acceso i riflettori sull’aberrante fenomeno richiamato nel titolo, che si sta diffondendo ad altre  latitudini del nostro Paese. Per la verità, già nel 2021, lo stesso programma tv si era occupato di un caso accaduto al cimitero di Roma, dove un cittadino che cercava l’urna cineraria di sua madre, si era visto, dopo mesi, prima rispondere che il prezioso contenitore era stato smarrito chissà dove e, poi, a distanza di molto tempo, una volta ritrovata, grande sorpresa: all’interno c’erano le etichette numerate di un uomo e di una donna!

Nella fattispecie attuale, invece, lo scenario è il cimitero di Biella (Piemonte), dove un’impresa funebre “specializzata” in cremazioni, per aumentare la “produttività”, infornava due bare alla volta, una delle quali era fatta di cartone, anziché di legno, per accelerare la combustione dei due poveri corpi, al prezzo di 500 euro ciascuno. Per le bare di zinco sigillate, invece, al costo “modico” di soli 1500 euro, si usava sbrigativamente il machete per estrarre la salma da cremare, “in compagnia” di altro defunto: una sorta di “gemellaggio macabro”, con conseguente mescolanza delle ceneri e violazione dell’identità post mortem.

Ma, come dice un vecchio proverbio, non c’è mai limite al peggio. Infatti, talvolta si è cremato, a pagamento, anche qualche cane, insieme agli umani, e non tutte le salme avevano la ”fortuna” di essere incenerite, perché gli addetti al macabro servizio, gettavano i poveri resti umani in discarica, chiusi in sacchi di plastica, facendosi però pagare comunque il prezzo di un servizio non prestato. Secondo le ricerche in situ di “Mi manda Raitre”, questa pratica aberrante andava avanti dal 2017, nella città piemontese, ed ha colpito ben 500 famiglie. Il processo si è concluso con la mite condanna, passata in giudicato, dell’impresa rea, alla quale, a fronte di una richiesta di 8 anni del Pm, a seguito di patteggiamento le è sta irrogata una pena ridotta a 4 anni di reclusione. E, purtroppo, questo caso rappresenta solo la punta dell’iceberg. In effetti, fatti similari, solo per citarne alcuni, sono avvenuti di recente nella civilissima Trento e nella capitale d’Italia.

A Napoli, invece, dove la fantasia creativa pare essere senza confini e capace di oltrepassare, in tutti i sensi, l’aldilà, l’altra grande trasmissione di Raitre “Chi l’ha visto?”, qualche puntata fa, dava notizia di un inedito fenomeno nel cimitero partenopeo: l’aggiunta della salma di una persona sconosciuta, nel loculo “abitato” dal proprio familiare, in qualche caso, addirittura “sfrattato”. Per la par condicio tra regioni, è doveroso ricordare anche ciò che avveniva nel cimitero del paese natio del grande meridionalista Giustino Fortunato, e passare idealmente, a proposito di Sepolcri, la parola all’immenso Ugo Foscolo, che sicuramente si rivolta nella tomba, e la dovuta satira, anche se c’è poco da ridere, all’extraterrestre Edoardo De Filippo.

Post scriptum: mentre ci accingiamo a postare l’articolo, ci giunge una notizia shock che c’informa di un nuovo orrore, degno di un film di Boris Karloff: all’Ospedale Perrino, di Brindisi, il 1° Maggio scorso, una caposala avrebbe (condizionale pro forma) pubblicato, previa sottolineatura con smorfie e frasi bizzarre, e condiviso delle immagini raggelanti, sul suo profilo social, in cui s’immortala mentre, sul tavolo operatorio dell’obitorio, ricuce il cadavere di un uomo, con gli organi interni esposti, dopo un’autopsia (sic!). Che dire, visto che la “professionista”, per questo “exploit” da genio dell’horror, ha ricevuto anche 93 “mi piace” e 15 commenti? Semplicemente: abyssus abyssum invocat; per cui i “dislikes” sono obbligatori verso questo schifo di modus vivendi che si nutre solo di “likes”, segno tangibile del de profundis della nostra tanto celebrata e venerata civiltà supertecnologica. Amen.

Prof. Domenico Calderone

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