Basilicata non più “maglia nera” tra le regioni per infortuni sul lavoro ma comunque in zona rossa anche per il 2023. Il dato emerge dal rapporto di dell’Osservatorio sicurezza sul lavoro Vega Engineering di Mestre diffuso alla vigilia della Giornata mondiale per la salute e la sicurezza sul lavoro, che si è celebrata ieri 28 aprile. «Una giornata importante per riflettere sulla tragedia quotidiana delle morti sul lavoro. Un’occasione preziosa di riflessione per i formatori, per i responsabili della sicurezza aziendale e per i datori di lavoro. Per introdurre nella quotidianità produttiva del nostro Paese tutte le procedure utili alla prevenzione degli infortuni gravi e mortali», afferma Mauro Rossato, presidente dell’Osservatorio mestrino, da tre decenni in prima linea sul fronte della sicurezza dei lavoratori in Italia.
L’Osservatorio sicurezza sul lavoro Vega Engineering elabora il rischio reale di morte dei lavoratori, regione per regione. «Si tratta dell’indice di incidenza della mortalità, cioè il rapporto degli infortuni mortali rispetto alla popolazione lavorativa regionale e provinciale, la cui media in Italia alla fine del 2023 è di 34,6 decessi ogni milione di occupati (di 35 nel 2022) – spiega Rossato-. Questo valore, un vero e proprio “indicatore di rischio di morte sul lavoro”, consente di confrontare il fenomeno infortunistico anche tra regioni con un nu mero di lavoratori diverso. Sulla base dell’incidenza degli infortuni mortali, l’Osservatorio Vega definisce mensilmente la zonizzazione del rischio di morte per i lavoratori del nostro Paese che viene così descritto – alla stregua della pandemia – dividendo l’Italia a colori».
Ebbene, a finire in zona rossa alla fine nel 2023, con un’incidenza superiore a più 25 per cento rispetto alla media nazionale (Im=Indice incidenza medio, pari a 34,6 morti sul lavoro ogni milione di lavoratori) sono: Abruzzo, Umbria, Basilicata, Puglia, Molise, Campania e Calabria. La Basilicata, in particolare, risulta terza in Italia nel 2023, con un’incidenza del 53,0 per cento (nei due anni precedenti era risultata prima), superata soltanto da Abruzzo (64,2%) e Umbria (59,6%). Sono state dodici le vittime lucane per incidenti sul lavoro (una al mese) lo scorso anno. Nella triste classifica, in zona arancione figurano: Sicilia ed Emilia-Romagna. In zona gialla: Friuli-Venezia Giulia, Marche, Piemonte, Veneto, Sardegna, Lombardia, Liguria e Trentino-Alto Adige.
Le regioni più sicure, in zona bianca, sono: Lazio, Toscana e Valle d’Aosta. Insomma, il maggior rischio si riscontra nelle regioni del Mezzogiorno e del Centro. Ma la situazione è drammatica in
tutto il Paese (1.041 morti nel 2023), come conferma l’elaborazione statistica dell’Osservatorio mestrino. «Non ci sono parole per commentare una situazione che non accenna a cambiare nonostante il maggior rilievo dato a questi drammi da istituzioni e media ma, anzi, stando ai dati, nel 2023 gli infortuni in occasione di lavoro sono aumentati dell’1,1% rispetto al 2022 – spiega ancora Rossato – e ciò significa che i lavoratori nella loro quotidianità lavorativa non sono abbastanza tutelati. Si assiste per contro a una significativa diminuzione degli infortuni mortali in itinere rispetto al 2022 (meno 19,3%), probabilmente conseguenza del maggior ricorso al lavoro in smartworking avvenuto in questi anni post pandemia. Un risultato confortante, certamente, ma che non si identifica con un miglioramento delle condizioni di sicurezza dei lavoratori nella nostra penisola. Tra l’altro, purtroppo, siamo consapevoli di come in questo drammatico bilancio restino
fuori molti altri decessi. Quelli che appartengono all’economia sommersa».
E poi c’è un’emergenza che negli ultimi anni diventa sempre più nitida – rileval’Osser vatorio Vega -, ovvero quella che tocca i lavoratori stranieri, soggetti ad un rischio di infortunio mortale più che doppio rispetto agli italiani. Così gli stranieri deceduti in occasione nel 2023 sono 155 su 799. Con un rischio di morte sul lavoro he risulta essere più che doppio rispetto agli italiani; si registrano 65,3 morti ogni milione di occupati, contro i 31,1 italiani che perdono la vita durante il lavoro ogni milione di occupati. Contemporaneamente diminuiscono le denunce di infortunio (mortali e non mortali) del 16,1% rispetto al 2022, ma i decrementi sono dovuti alla fine dell’emergenza Covid che aveva invece “gonfiato” i dati del 2022.
Fonte: Il Quotidiano del Sud