Dopo 10 anni di ricerche sul campo e sulle tavole lucane, Carmensita Bellettieri impiatta un’opera sul cibo tradizionale come sintesi simbolica di miti e riti che non hanno mai perso l’antica malìa di “comunicare” al cielo desideri e paure
Può il cibo essere un ponte tra cielo e terra? In realtà, lo è sempre stato. Fin da quando l’uomo ha pregato bruciando offerte, il cibo è stata l’oblazione per eccellenza. Si offriva in terra il frutto migliore del raccolto per chiedere al cielo la pioggia, la fine di una pestilenza o la nascita di un figlio… insomma qualunque desiderio che dovesse superare il confine terrestre e salire verso le stelle, proprio come faceva il fumo. Così fu e così ancora è in terra di Basilicata. Strato su strato, il popolo lucano ha sincretizzato le antiche magie e gli arcaici rituali propiziatori in una sintesi simbolica che è il piatto tradizionale lucano.
IL CIBO LUCANO COME LINGUAGGIO DEL CALENDARIO NATURALE
Santo importante, gastronomia rilevante: i piatti tipici serviti per le grandi feste hanno un “abito” gastronomico e un “corpo” sacro. Tradizioni culinarie come il piccilatiedd (Natale), la scarcedda (Pasqua) o la rappasciola (S. Lucia) racchiudono una costellazione di riti, credenze e “magie”, ovvero gesti apotropaici, che aiutano a “masticare” la vita quando si ha paura della morte. Nei momenti “astronomici” di crisi, l’uomo primitivo aveva paura che tutto potesse “finire” o, al contrario, sentiva il bisogno di partecipare a un nuovo “inizio”. Durante il Solstizio d’Inverno e in quello d’Estate, o durante l’Equinozio di Primavera e quello d’Autunno, in particolar modo, ma anche in altre fasi astronomiche che influivano sul calendario agricolo, si aveva necessità dell’intervento divino per propiziare semina, mietitura o un buon raccolto. Non si può parlare di cibo tradizionale lucano, dunque, senza parlare di Carnevali antropologici, matrimoni arborei, “passione del grano”, battesimo delle bambole… insomma di tutti i riti e i miti che ammantano questa regione di arcaico incantamento. Non si può parlare di food in Basilicata senza raccontare anche la magia di questa antica e selvaggia terra. “Food e magia” appunto. L’assonanza col demartiniano “Sud e magia” non è casuale!
IL CIBO LUCANO COME PONTE TRA CIELO E TERRA
E quale più antica trasformazione della fermentazione? Con questo processo la Natura trasmuta la farina in pane, il latte in formaggio, l’orzo in birra e l’uva in
Si potrebbe quasi concludere che in “Food e Magia. Storie di cibo e incanti in Basilicata” di Carmensita Bellettieri si procede a ritroso, fino a giungere agli ancestrali giorni in cui la Madre Terra era sacra in ogni sua parte e in ogni suo frutto. Quando l’uomo ha dimenticato la santità del pianeta che ci genera e nutre e ha spostato le sue divinità dai boschi o dalle montagne in edifici chiusi e costruiti da egli stesso, ha perso anche quel legame spirituale tra la sua materia e il Cielo. Una spiritualità che, oggi più che mai, cerca veicoli e luoghi in cui il sacro è ancora così “parlante” nella maestosità della Natura – «Del resto, la pregevole opera di Carmensita Bellettieri risponde al meglio alle nuove esigenze di un turismo sempre più attento alle peculiarità dei luoghi, nei quali autenticità, valori ed identità si fondono per creare un unicum irripetibile. La relazione tra riti ancestrali e cibo, nella quale il simbolismo diventa l’elemento cardine, racconta di un rapporto atavico con la terra madre, un legame che, nonostante l’imporsi di fenomeni globali, non ha perso il suo fascino», chiosa Carmine Cicala, Presidente del consiglio della Regione Basilicata.
Il cuore più profondo della Basilicata, come ogni antica geografia terrestre, racconta di desideri, paure e sogni in un distillato di “magia” che si deve conoscere, narrare e mangiare… e anche “guardare”. Indispensabile latore di senso e sensi è il contributo fotografico di Raffaele Cutolo, nell’opera anche documento di un viaggio durato diversi anni per un’osservazione sul campo e molto ravvicinata di volti, paesaggi, maschere e piatti tradizionali. Infine, consegnato ai lettori grazie al coraggio, alla visionarietà e, non ultima, alla lucanità della casa editrice Le penseur.