E’ appena uscito nelle librerie e negli stores nazionali online italiani “Per aspera ad astra. Quando la memoria è un valore” ( Montag Edizioni, ottobre 2024, Macerata, euro 15,00, acquistabile sia con le Carte Cultura che con la Carta del docente), antologia di 22 racconti brevi scritti dal prof. Domenico Calderone, laureato in Lingue e Letterature straniere (ad indirizzo tedesco) c/o l’Università degli Studi di Salerno, con una tesi plurilinguistica sulla Auslӓnderliteratur, intitolata “Le tre anime di Carmine Abate”, giudicata degna di pubblicazione ed inserita nella rivista di saggistica “Misure critiche”. L’autore è ex docente di inglese e tedesco, traduttore ed interprete, nonché autore di progetti didattici plurilinguistici per la Scuola pubblica, prefatore ed editor, saggista e recensore, a cui affianca la passione per il giornalismo, sia cartaceo che telematico, collaborando con varie testate regionali e nazionali. Nel 2012 ha vinto la ”5^Edizione del Concorso Letterario Regionale” per la saggistica, con un saggio sul petrolio in Basilicata e, nel 2013, con un saggio sulla famiglia, si è aggiudicato il “Premio speciale della Giuria” allo stesso Concorso.
In questa raccolta dal titolo paronimico che si avvale della prestigiosa introduzione di Marco Cianca, ex caporedattore del Corriere della Sera, (purtroppo venuto a mancare prematuramente, poco prima che uscisse il libro) emergono storie in gran parte autobiografiche, a cui si aggiungono racconti fantastici e mitopoietici, scritti in una Mischsprache basata su un registro linguistico che riflette il know how culturale dell’autore, vissuto alcuni anni in terra teutonica, cresciuto a pane e Romanticismo europeo, in primis quello italiano e poi quello tedesco, in particolare di Novalis e Brentano. Come ben sintetizza la quarta di copertina di questo libro smart di 126 pagine, ispirato a tratti a “Lo cunto de li cunti” o “Pentamerone” di Giovanbattista Basile (1583-1632), passando attraverso la rimodulazione/rivisitazione ad opera dei grandissimi fratelli Grimm, con le loro famosissime “Fiabe del focolare”: <<(…) si tratta di racconti che rappresentano la storia di una comunità e di un territorio in un tempo apparentemente lontano, ma in realtà ancora vicino a noi. Gli anni ’50 e ’60 del secolo scorso, attraverso la povertà diffusa, l’emigrazione con lo straniamento conseguente. Gli usi e costumi, le pratiche magiche e religiose e non solo, la Scuola di una volta, sono in primo piano e avvolgono il lettore in un’atmosfera che oggi potrebbe sembrare irreale ma non lo è. La tensione emotiva, che si legge tra le righe, serve a far riflettere su come eravamo e come siamo oggi, immersi nella “società liquida dell’incertezza”, ricca di valori fittizi ma avulsa di valori veri >>.
Insomma, si tratta di una “miscellanea” narrativa che, come chiosa Marco Cianca nella sua dotta introduzione: << racconta storie del Sud. Storie di povertà, di sofferenza, di riscatto. Di molte sembra essere stato lui il protagonista, anche se narrate sempre in terza persona, di altre si percepisce una vivida e partecipata testimonianza. La visuale è sempre quella dei più deboli, degli oppressi, degli sfruttati degli umili. Delle persone per bene. I Contadini, li chiamava Carlo Levi, intendendo con questa espressione non solo coloro che lavorano la terra ma tutte le persone oneste: “Sono contadini tutti quelli che fanno le cose, che le creano, che le amano, che se ne contentano”(…)>>.
Dunque, dal momento che siamo in inverno, e il tempo è brutto e fa freddo, non ci resta che leggere in famiglia le short stories tra il serio, l’allegorico e il faceto di questa antologia, davanti al camino, o meglio focolare: sarebbe una valida alternativa al rifugium peccatorum intergenerazionale della Rete ed ai tanti, troppi programmi televisivi trash, i quali, grazie (in senso antifrastico) ai loro contenuti, osceni anche nel linguaggio e nel costume, distruggono ciò che di buono la Scuola, sudando le proverbiali sette camicie, faticosamente insegna, e vanno così ad alimentare la se(x)colarizzazione del mondo giovanile, con gli effetti nefasti ad abundantiam che sono, purtroppo, quotidianamente, sotto gli occhi di tutti. E come volevasi dimostrare, proprio in questo momento giunge notizia che, a Noto (SR), uno studente quattordicenne avrebbe scaraventato a terra la Preside della sua scuola, dopo un rimprovero, mandandola in ospedale, sic!
D. Kesselgross
Dr. Giuseppe Giannini
La bellissima introduzione di Marco Cianca rende bene l’idea del libro scritto dal professor Calderone. Un libro accurato sia dal punto di vista stilistico, che per quanto riguarda i temi trattati nei vari racconti, in parte autobiografici. Dove attraverso le diverse storie viene messa in evidenza la fine di un’ epoca. Un filo conduttore, che segna il passaggio tra un prima ed un dopo. Il brusco spostamento da una vita semplice e povera (ma non per questo meno ricca di buoni propositi), fatta di relazioni e convivialità, all’apparenza delle relazioni odierne. Simulacri di vita, che pongono fine all’attesa. La morte della ritualità. il disconoscimento dei ruoli nella famiglia e nella comunità. Il paradosso dell’involuzione “barbara” di questi tempi è rappresentato dal fatto che proprio quei luoghi che dovrebbero salvare e garantire la prossimità ( i piccoli comuni) sono diventati lo specchio fedele del disfacimento della società. Dove bisogna andare sempre veloci, e possedere. L’individualismo tipico della società dei consumi, Il capitalismo che inculca la competizione, svendendo gli affetti. Quando le comunità perdono i valori e i principi della convivenza rimane poco altro. Solo la memoria può aiutarci, ed in questo il libro oltre a portarci a riflettere può servire a ridestarci.
Danila Marchi
Complimenti al professore Domenico Calderone per l’antologia di racconti brevi
“Per aspera ed astra” dal titolo così musicale,misterioso e magico che viene subito voglia di conoscere, di capire ,di approfondire. Certamente muove la curiosità e il desiderio di sapere quelle cose così affascinanti che il libro contiene.
Non resta che ordinarlo e leggerlo per l’ insaziabile sete di sapere che governa noi umani:sarà sorgente d’acque limpide e fresche a cui abbeverarci, una piacevole pausa al vivere, un momento avvolgente, una narrazione che ci allieta e ci erudisce facendoci riflettere e distraendoci dai nostri mali è faticosi pensieri.
Prof.ssa Maria Muccia
Complimenti Domenico per la tua pubblicazione di racconti a noi comuni di un tempo. Finalmente qualcosa di “Tuo”! Era ora che ti decidessi. Non ho ancora letto il libro, ma sono sicura che qualcosa che induce alla riflessione emergerà. Spero che gli utenti non siano solo coloro che hanno vissuto il raccontato e lo vivono ancora, ma, soprattutto quelli che di un certo vissuto “essenziale” non sanno niente. Quelli che venivano chiamati “contadini”, e io mi “onoro” di esserlo stata, nessuno ha mai pensato che erano e sono la base essenziale dell’esistenza umana. Spesso, a scuola, quando si parlava di certi argomenti, con i colleghi, nei convegni, con gli alunni ecc, e si sottolineava l’ignoranza delle persone senza titolo di studio e, quindi, la discriminazione delle stesse, io che vedevo l’opposto e trasmettevo concetti di sinergia, una volta sottolineai che, se fossi rimasta contadina, sarei stata l’autrice di un’organizzazione di assenteismo lavorativo a fini sociale (mi spiego: non avremmo prodotto beni per il mercato e, aggiungo guadagnandomi anche una risposta minacciosa: che ridicoli!) per almeno un anno: tanto per fa capire a certi individui da dove nasce l’essenza della vita, solo così si poteva comprendere cosa fosse la vera “cultura”: “sapere” o “saper fare”. Il sapere nasce proprio dal saper fare”. Certo, se tutte e due si associassero tanto meglio, ma non sostituire l’una all’altra perché portano alla conclusione o allo stato in cui ci troviamo oggi: solo parole e pochi fatti. Fra qualche anno non avremo più i mestiere perché sostituiti dalla cultura teorica. Mia madre se fosse in vita avrebbe, sicuramente, sussurrato: “nutritevi di filosofia”. il problema essenziale non sta nel tipo di cultura, ma nell’equilibrio della composizione culturale e sociale e nel dialogo familiare che oggi scemano, creando situazioni di anaffettività e tutte le conseguenze che da esse derivano.