La società appaltatrice garantirà l’attivazione dei sistemi di cattura, il ritiro dei cinghiali catturati e il trasporto ai centri di raccolta o ai centri di lavorazione della selvaggina. Si dovrà occupare della raccolta delle carcasse derivanti dagli incidenti stradali avvenuti nel territorio del Po Val d’Agri e dello smaltimento di quelle non idonee al consumo.
Punto importante del progetto è il monitoraggio, che con l’adozione di sistemi di sistemi di localizzazione GIS e tecnologie avanzate per la raccolta dati ambientale consentirà il controllo sanitario, la stima numerica, la valutazione dei danni agricoli e degli incidenti stradali. Questi dati, raccolti sistematicamente, permetteranno, a loro volta, di identificare le aree critiche, prevenire la diffusione di zoonosi, e implementare strategie di intervento mirate, come abbattimenti selettivi o misure di contenimento.
Il progetto mette in campo, dunque, un approccio innovativo che coniuga il controllo della fauna selvatica con la valorizzazione economica e culturale del territorio.
“In Basilicata la presenza della specie cinghiale è stimata in circa 88.600 capi. In tre anni contiamo di abbattere 45-50 mila esemplari. I benefici sono evidenti e non solo per i cittadini che si sentono minacciati nella loro incolumità o per le aziende agricole che vedono compromesse se non distrutte le loro colture. Aiutiamo anche l’ambiente, perché la specie sta prendendo il sopravvento sulle altre e qualcuna sta scomparendo”.
Si aprono anche prospettive per l’occupazione. “Abbiamo stimato che almeno una ventina di persone – ha continuato Cicala – lavoreranno a tempo indeterminato nella filiera. Saranno gli stessi cacciatori, insieme ad altre figure ad essere attori del progetto che coinvolge anche i Comuni, gli ambiti territoriali di caccia e gli operatori economici. Per i cacciatori è previsto un indennizzo, in base alla zona, anche di 20 euro a capo abbattuto e nello stesso tempo anche una premialità per i bioselettori che raggiungono un certo numero di capi abbattuti. Molto importante è anche la formazione dei cacciatori, che avranno una sempre maggiore competenza, vere e proprie sentinelle dei nostri boschi e del nostro territorio. Siamo a una svolta, lanciamo un progetto virtuoso che può diventare un modello per le altre regioni. In alcune realtà, in Toscana e in Umbria, queste esperienze esistono ma sono circoscritte a piccoli ambiti. Noi lo stiamo estendendo a tutto il territorio regionale, è una sfida che vedrà protagonisti tutti gli enti preposti, le organizzazioni di categoria, le associazioni venatorie e ambientaliste”.