Tra i progetti più recenti curati dall’associazione Culturale Giovanile Recupero Tradizioni Ruotesi, c’è una ricerca dedicata ai falegnami del passato e all’eredità dei mobili antichi presenti a Ruoti, nel nostro territorio. Questo studio è un tributo agli artigiani che, senza l’ausilio di macchine elettriche, realizzavano opere uniche, frutto di un lavoro duro e meticoloso, dalla lavorazione del legno, alla creazione degli arredi.
A Ruoti, abbiamo avuto la fortuna di incontrare Vito Nardiello, un artigiano di 93 anni, affettuosamente conosciuto come Zio Vito (Buinelle). Un vero custode della memoria che con la sua saggezza e il suo vissuto, ci ha raccontato la storia degli artigiani falegnami che si sono susseguiti nel nostro paese e la sua personale esperienza avuta nel campo della lavorazione del legno.
Vito desidera innanzitutto rendere omaggio ai bravi ebanisti e falegnami che hanno fatto la storia di Ruoti. Tra di essi si distingue Giuseppe Mutalipassi e i suoi figli, Domenico Ugo (noto come Vincenzo) e Luigi. Giuseppe, formatosi nella scuola di ebanista di Avigliano negli anni 1860-70, trasmise l’arte dell’ebanisteria ai suoi figli e al genero Luigi Labriola (Bonavita). Un’altra famiglia significativa fu quella dei Ciuffreda, con Vito e Domenico, quest’ultimo nel 1940 emigrò negli Stati Uniti (New York), dove continuò a coltivare la sua passione per il legno, trovando anche l’opportunità di insegnare il mestiere ad altri attraverso un incarico, ricevuto nel 1950, presso un istituto tecnico industriale di New York. Per il suo impegno e per la bravura gli fu dedicata una copertina della rivista “Industrial Bulletin” del 1951. Altri artigiani ricordati da Vito includono Cesare Troiano, Gerardo Marsilio, Antonio Giuzio, Luigi Errico (Jolece), Paterna Rocco Antonio (Menegòdde), Giuseppe Angiolillo e Rocco De Carlo (Malacarne).
Vito stesso imparò il mestiere da mastro Rocco De Carlo, iniziando da giovanissimo, all’età di 12 o 13 anni. Sebbene non fosse un ebanista, si dedicava alla realizzazione di botti, granai, tavoli, credenze, cassepanche e piccoli mobili per famiglie umili. Negli ultimi anni della sua carriera, si occupò anche alla realizzazione di porte e finestre.
Vito narra con affetto e nostalgia il periodo in cui il lavoro era interamente manuale. Gli alberi venivano tagliati a Bosco Grande di Ruoti e, a volte, all’Abetina. Era necessario richiedere l’autorizzazione al comune per il taglio dei tronchi, e una volta identificati, si procedeva con seghe a mano, un lavoro che poteva richiedere anche giorni. Non di rado, gli artigiani dormivano vicino agli alberi tagliati per proteggere il loro lavoro dai furti. Il trasporto dei tronchi avveniva principalmente con asini noleggiati dai contadini del posto.
Una volta trasportati a Ruoti, i tronchi venivano trasformati manualmente in tavole e successivamente essiccati. Gli attrezzi utilizzati per lavorare il legno erano realizzati da Vito stesso con l’aiuto di un fabbro di fiducia, dove si acquistavano anche i cerchi di ferro necessari per le botti.
Vito ricorda gli anni in cui il duro lavoro manuale venne alleggerito dall’arrivo delle macchine elettriche, questo cambiò radicalmente il modo di lavorare, consentendo una produzione maggiore di porte e finestre, quasi a livello industriale.
Dopo oltre 50 anni di attività, Vito vive oggi a Ruoti con sua moglie. La sua fierezza e il suo orgoglio nel mostrare gli ultimi lavori realizzati durante la sua lunga carriera confermano la passione e la dedizione che ha avuto per il suo mestiere. La sua testimonianza rappresenta un legame prezioso con le tradizioni artigianali del passato e un monito sull’importanza di preservare queste conoscenze per le generazioni future.

