Un racconto straziante, da brividi e pauroso quello che Pietro Paolo D’Andrea, di Potenza, ha fatto qualche sera fa sulle reti Mediaset, nell’ambito del programma “Quarta Repubblica” condotto da Nicola Porro. Il giovane potentino ha raccontato della rapina subita in casa – nella notte tra il 12 e 13 marzo scorsi – da un gruppo di malviventi, almeno 10, che su Melandronews.it abbiamo raccontato qui (a questo link).
Questo il racconto: “Rientravo a casa verso le ore 2:30 circa. Quando sono entrato e ho varcato la porta di casa, dietro c’erano quattro malfattori con il passamontagna armati di pistola e sfollagente, mi hanno strattonato dentro casa e mi hanno preso a botte e legato le mani. Mi hanno fatto sedere sui due gradini di una scalinata interna, con una pistola carica puntata alla testa. Uno di loro l’ha caricata davanti a me. Uno dei malfattori mi ha chiesto di consegnare i soldi”.
Stando al racconto, da come parlavano sembravano sapessero che in casa c’erano soldi. “Alla loro richiesta di soldi – ha detto D’Andrea – ho detto che non ne avevo, gli ho consegnato solo 300 euro. Poi uno di loro mi ha messo la pistola in bocca. Una sensazione di paura fortissima. Ad un certo punto un altro malfattore ha dato una gomitata al suo ‘collega’, gli ha tolto la pistola e mi ha colpito con la stessa. Da lì sono svenuto, ma sono stati stesso i malviventi a farmi riprendere, dandomi anche dell’acqua. Poi, una volta ripreso, mi hanno legato e imbavagliato, con le mani legate dietro la spalliera della schiena”.
Un bottino abbastanza importante, comunque, quello della banda, di svariate migliaia di euro tra soldi, preziosi, orologi e borse.
“I malfattori – ha raccontato – erano entrati già mezz’ora prima del mio arrivo. Quando mi hanno legato, mi hanno detto che avevano ammazzato i miei genitori”, cosa non vera. Una frase detta probabilmente per mettere ancora più paura.
Quando poi è riuscito a liberarsi, D’Andrea ha raccontato: “Pensavo davvero di trovare i miei genitori giustiziati dentro casa. Quando sono riuscito a liberarmi, sono corso a casa di mio zio, dove anche loro erano stati legati insieme alla badante. Hanno svaligiato la cassaforte a casa mia e anche a casa di mio zio. Il capobanda aveva una mitraglietta”.
L’abitazione, priva di telecamere, era al momento senza l’antifurto attivo: “Non era attivo perchè dovevo attivarlo io che ero l’unico ancora non rientrato a casa”.
Secondo il giovane potentino, i ladri “non erano italiani, credo albanesi o dell’est. Erano almeno dieci”. La famiglia per diversi giorni ha dovuto dormire in un’altra struttura, perchè i ladri sono riusciti a scassinare la porta blindata.
Su quanto accaduto continuano le indagini curate dalla Polizia di Stato del capoluogo lucano, che sta provando a ricostruire il tutto e dare una identità a questa banda di malviventi professionisti che, probabilmente, non ha nulla a che vedere con le bande specializzate nei furti nelle abitazioni, che pure non poche preoccupazioni hanno creato negli ultimi mesi nel Potentino.
Un racconto coraggioso quello di Pietro Paolo D’Andrea, che mette ancora una volta in luce un problema serio per le comunità: la mancata sicurezza. Infatti, nonostante un lavoro importante svolto dalle forze dell’ordine – seppur con organici carenti e con pochi strumenti – molte volte sono proprio le leggi italiane quasi ad ‘autorizzare’ questi fatti così gravi.
Claudio Buono
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