“L’ulteriore differimento della scadenza del Programma Copes, deciso dalla Giunta Regionale con la deliberazione n.217 del 3 marzo scorso, perché di questo si tratta per ora in attesa dell’avvio del Programma del “Reddito minimo di inserimento”, è un ulteriore segnale di sensibilità sociale da parte della Giunta Pittella per evitare di produrre ulteriori e drammatici disagi a quelle famiglie lucane che vivono in condizioni di povertà”. E’ il commento del segretario regionale della DC-Libertas Giuseppe Potenza auspicando che “sia possibile, quanto prima, superare il ritardo di carattere burocratico-normativo che si riferisce al programma di vero e proprio provvedimento di Reddito minimo che sarà in media di 450 euro per beneficiario (su una “platea” stimata in circa ottomila persone) e che sarebbe dovuto entrare in vigore nello scorso mese di febbraio. L’iter purtroppo è stato concluso solo il 24 febbraio scorso dopo un serrato e proficuo coinvolgimento delle parti economiche e sociali per un provvedimento reso finanziariamente sostenibile grazie alle risorse aggiuntive riconosciute dalle modifiche allo Sblocca Italia e alla nuova finalizzazione del tre per cento delle royalties a politiche di coesione sociale, e che consentirà di varare uno dei più grandi piani di lotta all’esclusione e per il reinserimento lavorativo degli ultimi anni“. Per la Dc resta tuttavia sempre attuale la sollecitazione rivolta alla Regione di sottoscrivere e sostenere il Piano nazionale contro la Povertà, di durata pluriennale, proposto al Governo Renzi dall’Alleanza contro la povertà, un cartello (il primo del genere in Italia) che è composto da una ventina tra Associazioni del terzo settore, e tra le sigle fondatrici ci sono Acli, Anci, Caritas Italiana, Cgil-Cisl-Uil, Confcooperative, Fondazione Banco Alimentare, Forum Nazionale del Terzo Settore. Potenza evidenzia che oggi, le persone in povertà assoluta non hanno altra possibilità se non di rivolgersi alla Caritas (alla quale la Regione ha destinato 200mila euro) per aiuto in beni alimentari e parziale per il pagamento di bollette oppure ai Comuni, con ben note limitate possibilità di risposta dati i ripetuti tagli. Pur nelle differenze i tratti di fondo sono ovunque gli stessi: un contributo economico per affrontare le spese primarie accompagnato da servizi alla persona (sociali, educativi, per l’impiego) che servono ad organizzare diversamente la propria vita e a cercare di uscire dalla povertà. Per la DC deve essere instaurato un “patto di cittadinanza” tra lo Stato e il cittadino in difficoltà: chi è in povertà assoluta ha diritto al sostegno pubblico e il dovere d’impegnarsi a compiere ogni azione utile a superare tale situazione. A fronte di questa situazione un intervento da parte del governo si rende necessario, partendo dalla considerazione che le risposte attualmente in campo contro la povertà assoluta sono del tutto inadeguate. Il Piano proposto dall’Alleanza contro la povertà prevede una gradualità di interventi anche se bisognerà prevedere che a partire dal primo anno ricevano la misura un numero significativo di persone, con una crescita graduale in ogni annualità successiva. Occorrerà inoltre specificare l’ampliamento dell’utenza, e il relativo finanziamento, previsto per ogni precedente annualità. Senza una simile prospettiva pluriennale, infatti, risulterebbe poco realistico immaginare la costruzione di un sistema locale di servizi adeguato alla lotta contro l’esclusione sociale. Questa costruzione richiede investimenti, sviluppo di competenze e programmazione: gli enti locali, il terzo settore e le Organizzazioni Sindacali impegnate nel territorio potranno realizzarla solo se riceveranno un’adeguata stima economica e previsionale. Solo così con lo sforzo congiunto tra Regione (Reddito Minimo) e Governo (Piano nazionale) – conclude la nota – le azioni saranno più efficaci.