Il fascino del castello di Bella ha accolto, sabato 22 agosto, lo scrittore ed editore Franco Villani, autore con Donato Imbrenda, poeta ed attore, del libro “Filippo Calabrese, il confinato dell’Appenino”. Con il sindaco Michele Celentano, l’assessore alla cultura Vito Leone e Mario Coviello, che ha curato le due giornate dedicate al libro dell’Estate Bellese 2015, un pubblico scelto di amici ed estimatori, si è divertito ed incuriosito, ha discusso e approfondito la vicenda di un confinato che dal 1935 al 1938 visse prima a Calvello e poi ad Avigliano. La Basilicata perché piccola e quindi facilmente controllabile e “irraggiungibile”, fu scelta dal fascismo come terra di confino per politici, omosessuali, pregiudicati. Non solo Carlo Levi quindi, ma anche Manlio Rossi Doria, la Cederna, la Ravera, Pietro Rebora tra gli altri, furono tra i circa 10.000 confinati del regime fascista. Il libro nasce , come hanno raccontato gli autori, da un loro incontro a Calvello. Imbrenda consegna a Villani “Passeggiate lucane” , un dattiloscritto datato 19/27 marzo 1937, firmato Calabrese e gli chiede di fare ricerche sull’autore negli archivi comunali di Calvello. In un successivo incontro Villani si reca nella casa di campagna di Imbrenda e scopre uno scrigno di meraviglie. Da anni ad Imbrenda, che in Basilicata tutti conoscono, le persone consegnano manoscritti, oggetti, segni del tempo che egli conserva, ripromettendosi di studiarli. Nel corso della visita spuntano fuori altri sei manoscritti ed un “tema” di Leonardo Salvatore,un giovane amico di Calabrese che racconta il triste addio del confinato alle terre aviglianesi. Franco Villani si appassiona al personaggio che dai dattiloscritti appare tormentato, colto e soprattutto molto sensibile al fascino femminile. Sono quattro le donne che Calabrese, medico, giornalista di sofisticate letture che ha girrato l’Europa, racconta nei suoi scritti: Thea, Folly, Mirigi e “una donna misteriosa”.Di ciascuna ne descrive il fascino, e i tormenti che gli procurano. Dalle accurate ricerche che il libro documenta si scopre che Calabrese è “ un pregiudicato” che aveva già soggiornato alle isole Tremiti,un carcere per criminali comuni, che viene arrestato ad Avigliano perché, come scrivono in un verbale dell’8 marzo del 1938 i carabinieri di Avigliano, “aveva iniziato amicizia con scambio di visite e contratta..relazione amorosa con giovane dabbene, sebbene coniugato con due figli”. Mentre Carlo Levi, come medico, nel suo soggiorno ad Aliano cura i poveri contadini, Calabrese corteggia le donne, in Lucania si sente in carcere e descrive una terra di contadini che salutano i signori con “schiavi a signoria..e così dichiarano involontariamente la loro miseria, la eterna miseria della povera gente che in alcuni punti della terra non si evolverà mai restando sempre schiava”. Splendida e piena di poesia è la descrizione in “Passeggiate lucane” della Basilicata selvaggia dei boschi di Viggiano, che rapisce l’esule con il suo fascino. Con il libro di Villani e Imbrenda è possibile riflettere sulle condizioni della Basilicata durante il fascismo che, come ricorda l’assessore Leone “ mentre accoglieva i confinati con ospitalità antica , a causa della miseria, mandava al macello i suoi giovani nella guerra di Libia”. Il sindaco Celentano ha ringraziato i due scrittori per la promozione culturale che portano avanti e invitato ad approfondire, attraverso lo studio negli archivi le vicende dei confinati che sono stati accolti nei paesi di Basilicata. “A Bella i confinati sono stati 43 e molti ricordano uno di essi che formò una banda. Molti sono gli ebrei confinati a Muro Lucano”. Il libro è impreziosito da una posta fazione dello storico Giovanni Caserta che inquadra le vicende del confinato nell’Italia fascista e di Caserta si chiede se “ trovò il suo porto dove ormeggiare perché di lui si sono perse le tracce”. Di sicuro è grazie a Villani e Imbrenda che dopo 80 anni Calabrese torna a vivere.
a cura di Mario Coviello