I voucher venduti in Basilicata nel 2016 – secondo la stima della UIL–Servizio Politiche del Lavoro –raggiungeranno il numero record di 1.017.576 con un incremento del 20,1% rispetto al 2015 e del 449,5% rispetto agli anni di introduzione (2008-2009). In dettaglio: sono più numerosi sia pure di poco in provincia di Matera (514.893) rispetto a quella di Potenza (502.683). Con il 3° Rapporto UIL sui voucher – si sottolinea in una nota – si propone un’analisi che percorre tutti gli anni di effettiva applicazione di questo istituto, fotografando sia la quantità di buoni-lavoro venduti per territorio, sia la consistenza di utilizzo nelle varie attività d’impiego, sino ad arrivare ai dati 2016.Dalle scelte che si sono susseguite negli anni (Governi Berlusconi e Monti) – spiega il segretario regionale della Uil Carmine Vaccaro – era prevedibile lo snaturamento dell’originaria finalità virtuosa dell’istituto: dare legittimità a rapporti di lavoro, occasionali (ogni tanto) e accessori (non insiti nella ragione sociale dell’impresa) che nella stragrande maggioranza dei casi venivano regolati (si fa per dire) informalmente (nero e dintorni). E così, a fronte dell’altalenanza che negli anni hanno subito tutte le tipologie contrattuali (sia di natura subordinata che autonoma), il lavoro accessorio è stato il solo che è andato aumentando anno dopo anno passando in Basilicata dagli appena 1.981 dell’anno di esordio (2008) ai 124.093 del 2012, ai 530.942 del 2014 e agli 847.264 del 2015, sino ad abbattere il “muro” del milione nel 2016. Conoscendo ormai quali sono le caratteristiche di questo istituto (tra cui le principali sono la forte concorrenzialità a livello di costo del lavoro, rispetto alla pletora di tipologie contrattuali esistenti e l’assenza di tassazione), il richiamo al suo utilizzo è stato e continua ad essere molto elevato da parte dei committenti. Certamente al grande numero di persone coinvolte, fa da contraltare un “fatturato” relativamente basso (costo del lavoro) rispetto al dato generale generato da altre tipologie contrattuali. Vogliamo segnalare, in particolare – sottolinea Vaccaro – due aspetti: il primo la necessità di evitare le frodi e gli abusi colpendo in particolare chi “copre“ con un voucher un rapporto di lavoro pluri-orario (per evitare le sanzioni in caso di controlli), aspetto questo emerso dalla discordanza tra il dato dei voucher venduti e quelli realmente utilizzati. Il secondo, quello di intervenire radicalmente sulle aree e i settori dove la liberalizzazione dei voucher ha prodotto più danni: industria, edilizia, terziario, servizi e turismo. Sul primo dei due aspetti il legislatore, questa volta, ci ha in parte dato ascolto correggendo, con il d.lgs 185/2016, il decreto legislativo 81/2015 del Jobs Act. La novità consiste nell’introduzione della tracciabilità dei voucher attraverso l’obbligo per il committente, di comunicare alla direzione del Lavoro, entro 60 minuti prima dell’inizio della prestazione lavorativa, alcuni dati tra cui la data e l’orario di inizio e fine della prestazione resa attraverso i buoni-lavoro. Il mancato rispetto fa scattare una sanzione amministrativa da 400 a 2.400 euro, in relazione a ciascun lavoratore per cui è stata omessa la comunicazione. Per una verifica degli effetti di tale novità è ancora troppo presto e non è detto che ciò provocherà una diminuzione nell’acquisto degli stessi voucher. Sul secondo aspetto, viceversa, il Governo non ha ritenuto opportuno intervenire e ciò è stato un errore: può provvedere da subito, ascoltando con un ritardo di oltre un anno, le buone ragioni della UIL e del Sindacato. Infine una riflessione: i voucher – è la convinzione della Uil – sono la punta di un iceberg ben più grande. L’economia dei lavoretti viaggia con altre velocità e sta, sempre più, caratterizzando parte importante della nostra economia. È li, in particolare, che si dovrebbe porre attenzione: il vasto mondo che sta nel mezzo tra il lavoro autonomo (vero) e quello subordinato, caratterizzato da lavori senza regole, con retribuzioni unilateralmente decise dal datore di lavoro e tutele sociali quasi nulle.