L’Italia e la Basilicata sono chiuse. Ma solo per riaprire con un rammendo delle relazioni tra ceti sociali ed istituzioni. Un cammino concreto e nuovo delle persone e delle famiglie poste ora in una nuova condizione di precarietà, senza prossimità e solidarietà. Sollecitata dal cambiamento in atto, la famiglia più bella dobbiamo ancora vederla. Quella famiglia-risorsa tra funzione di socializzazione e di protezione che guarda oltre le oscurità di questi tempi. Giocando tra struttura e sovrastruttura, cosa sono oggi in Basilicata i due ‘mondi vitali’ delle famiglie e del lavoro sotto i colpi del Covid-19? Quanto è grande la perdita di reddito familiare rispetto agli introiti? Come è distribuita? Quali famiglie sono più attrezzate a farvi fronte utilizzando i propri risparmi? Qual è la dimensione dell’aiuto finanziario che consentirebbe di assorbire meglio la perdita sofferta? Specie di quelle famiglie con reddito da lavoro autonomo,più esposte all’ improvvisa precarietà e rischiosità?
Un’indagine CSSEL ci dice qualcosa in merito, comparando i redditi delle famiglie lucane a lavoro autonomo con le perdite da impatto Covid-19. L’applicativo della ricerca è quello del lavoro dei proff. Luigi Guiso e Daniele Terlizzese (La Voce del 2/4/20) basato su stime Banca Italia 2016 sulla ricchezza delle famiglie italiane. In Basilicata le famiglie colpite dalla chiusura governativa delle attività (settori NACE) nel mese di marzo-aprile sono il 25% del totale (59mila). Con una perdita consistente di fatturato mensile di ca. 214mln (Fonte Svimez). Le famiglie di lavoratori autonomi sono 12.390 (il 21% ). Esse perdono in misura prudenziale un 6,7% (160€) in media del loro reddito netto pro-mese, per una riduzione del contingente di reddito mensile equivalente a 2mln. Tre mesi di blocco equivalgono ad una perdita di 480 € pro-capite e ad un netto complessivo di 6mln. Valori che si moltiplicano e diventano minacciosi con il prolungarsi delle fermate, anche parziali, prevedibili nei prossimi mesi.
Chi è colto di sorpresa dal fermo delle attività? Quanto può contare sui propri risparmi? Si presume che un quarto delle famiglie, quelle più fragili, detenga risorse da autofinanziamento inferiori o pari alla perdita di reddito per sospensione delle attività; il 50 per cento si stima che abbia depositi almeno pari a circa tre volte e mezzo la perdita; c’è poi il plafond restante (25%) di famiglie-risorse che realmente esercita il lavoro autonomo anche come datore di lavoro. È il segmento più marcato che può reggere la risalita. Anche solo l’aggregato del 5% di queste famiglie (619) può mobilizzare almeno 30mln di autofinanziamento ‘assistito’, capace di rimediare il monte salari delle famiglie a lavoro indipendente (21 mln ca.). Ma bisogna sostenere, subito, con la leva creditizia questa buona base reattiva degli autonomi per ricostituire i costi fissi, delle scorte, degli ammortamenti ed un minimo di liquidità. Presuntivamente un valore di almeno ulteriori 20mln complessivi per mese di blocco. Occorrono strumenti nuovi ed eccezionali qui ed ora. Ecco la proposta UIL-CSSEL di un Fondo di investimento sociale regionale per le famiglie e gli autonomi che si reinventano con un minimo di progetto di ripartenza.
Giancarlo Vainieri, Sofia R. Di Pierro
Centro studi sociali e del lavoro (CSSEL)