Brienza, dopo 600 anni crolla la “Roverella”. Era inserita nell’elenco degli alberi monumentali d’Italia

Un pezzo di storia che non esiste più. Si può definire così l’albero “Roverella”, crollata a Brienza in contrada Lago. Un albero storico presente sul territorio burgentino da oltre 600 anni. Censita tra i 30 Alberi Monumento d’Italia dal WWF, aveva subito, giusto un anno fa, il crollo di uno dei 3 rami principali, che aveva comportato uno squilibrio della struttura, che ha portato al crollo dei giorni scorsi. Alla notizia, numerosi curiosi e turisti, anche provenienti dal vicino Vallo di Diano, sono accorsi a vedere l’accaduto. Accorsi sul posto anche il Sindaco e le Forze di Polizia (Carabinieri e Forestale), per constatare l’accaduto e metterne in sicurezza il perimetro.  L’albero era stato inserito nell’elenco degli alberi monumentali d’Italia del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali. Ma non manca qualche polemica circa interventi non effettuati per salvare questo storico albero. Sulle polemiche, è intervenuto il sindaco, Antonio Giancristiano: “Non è mia abitudine rispondere sui social, ma questa volta lo devo fare per non far passare l’amministrazione che mi onoro di rappresentare come inefficiente. È vero. È caduto un pezzo della nostra identità, la Roverella è collassata, ma questa amministrazione non ha nessuna responsabilità. Anzi, nei primi mesi di vita, spinta dall’attivismo di due privati cittadini F.G. e S.R. e grazie ai loro contatti, questa amministrazione ha fatto “visitare” la roverella da 3 esperti: l’entomologo prof. Fanti e il patologo vegetale prof. Camele dell’Università degli studi della Basilicata e il consulente dell’orto botanico di Napoli dott. Cardiello. I primi due fin da subito dissero che la roverella aveva esaurito (anche a causa dell’incuria dei precedenti 30 anni) il suo ciclo vitale, mentre il terzo ci diede qualche speranza. E tutti noi ci siamo attaccati a questa speranza e grazie ad un finanziamento di 2’500,00 euro da parte del proprietario si è predisposta una tomografia assiale della pianta e un intervento di irrorazione di funghi sulle radici per rivitalizzare. Tutto ciò dopo aver ottenuto le varie autorizzazioni dal MiPAAFT e dalla Regione Basilicata. E’ stato fatto quello che nei 30 anni precedenti non è stato eseguito e anche se questo non ci consola, non possiamo prestarci a sterili strumentalizzazioni politiche. Le nostre colpe sulla fine della roverella non riguardano il nostro recente impegno da amministratori, ma semmai il nostro mancato impegno da cittadini. Ma a queste colpe non sfugge nessuno. Neanche le persone che oggi compongono la minoranza. La mala fede è un cancro tanto quanto la “carie bianca” della roverella”. 

redazione

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