I salari e gli stipendi italiani, è risaputo, sono sempre stati tra i più bassi d’Europa. Da qualche lustro, però, il gap con i Paesi più “munifici” è aumentato a dismisura, specie da quando è stata sciaguratamente abolita la famosa “scala mobile” che andava a compensare gli aumenti dell’inflazione, e quindi del costo della vita. Questo ha comportato una discesa costante per i ceti medi, che ben presto si sono trovati agli inferi, a dare man forte agli ultimi, già situati alla base della piramide socioeconomica. Per le figure professionali apicali (quelli che oggi chiamiamo sinteticamente AD), invece, si è verificato il fenomeno inverso: ad ogni perdita di salario delle forze produttive è corrisposto un megaincremento degli stipendi dei super invidiati amministratori delegati, tale da moltiplicare migliaia di volte la paga di un operaio dello stesso comparto (ricordate lo scandaloso caso Marchionne? ). Insomma, dando ragione al vecchio, calzante proverbio lucano “Chi zapp, vev l’acqua, e chi fila, vév u vin”, ad un aumento di produttività non è mai corrisposto un aumento dei salari, bensì un incremento di bonus e stipendi per gli alti dirigenti aziendali, ed ora che l’inflazione è al 12 %, le povere vittime del fordismo/taylorismo e non solo di questo binomio, sono sprofondate ancora di più nei gironi dell’inferno economico, non potendosi difendere dall’aumento spropositato di costi e tariffe, per il loro status di lavoratori subordinati a basso reddito fisso, non di speculatori professionali. E non se la passano meglio i lavoratori del settore terziario, dei servizi, della PA, della Scuola e della sorveglianza privata, con questi ultimi che aspettano il rinnovo del loro misero contratto nazionale di lavoro, fermo da ben 7 anni, ed hanno visto, di conseguenza, ridurre progressivamente il loro potere d’acquisto. Sono proprio questi semplici motivi, alla base dell’ubi consistam dello sciopero dei sindacati di categoria UILTUCS e FILCAMS Cgil, tenutosi non casualmente proprio il 5 gennaio, vigilia dell’Epifania, in Basilicata, dove un migliaio di vigilantes provenienti da tutti i paesi lucani sono convenuti in Piazza Mario Pagano, davanti alla Prefettura del capoluogo di regione, per far sentire la loro voce, mai ascoltata, onde sensibilizzare i datori di lavoro, le istituzioni e l’opinione pubblica sui problemi di questi lavoratori specializzati della sicurezza privata, coadiutori delle forze dell’ordine, che spesso rischiano la vita in cambio di un salario indecoroso. Sicché, una delegazione di rappresentanti sindacali guidata da Emanuele Ferretti, Donato Rosa, Roberto Antonio Ferrieri e Luigi Cignarale, è stata ricevuta dalla dr.ssa Gerarda Di Muro, viceprefetto di Potenza, che ha promesso un suo interessamento affinché le giuste istanze dei sindacati vengano accolte insieme al riconoscimento della funzione. Pro bono pacis, speriamo ab imo pectore che questa protesta si traduca in manifestazione epifanica e raggiunga finalmente gli obiettivi auspicati. E’, sic et simpliciter, una questione non solo di giustizia salariale, ma anche/soprattutto di dignità! Alla Befana, dunque, l’ardua sentenza!
Prof. Domenico Calderone
Dr. Giuseppe Giannini
La portata dell’inflazione è diversa a seconda dei redditi.Ciò vale per il costo di determinati beni, non solo di prima necessità, o dell’iva che sugli stessi gravano.Ad es. il costo della benzina o del pane è lo stesso sia che si guadagnino 1000 euro o si è incapienti, sia che se ne guadagnino 100.000.La funzione delle politiche di welfare è proprio quella di mitigare le follie del mercato ed effettuare politiche redistributive.La nostra Costituzione parla invano di progressività della tassazione.Nel nostro Paese si vanno sommando tutte le negatività delle politiche dei tagli nazionali e delle austerità internazionali.Così da trenta anni assistiamo: al blocco l turnover; al taglio della p.a.; ai mancati rinnovi contrattuali.Le forze politiche presenti in Parlamento sono corresponsabili di questo arretramento sociale, e non esistono più quegli strumenti – la scala mobile, la legge sull’equo canone, l’indicizzazione salariale- capaci di temperare la legge dei più forti.Per cui ben vengano gli scioperi, anzi auspicherei un blocco permanente dei servizi per sollecitare gli spiriti dormienti del popolino italico, ma temo che la reazione sarà solo reprissiva e volta a criminalizzare, ancora una volta, il dissenso.
Marco Cianca
La questione salariale è in questo momento la prima emergenza italiana, dalla quale derivano tutti gli altri problemi. I bassi stipendi sono l’anticamera della povertà, in una disastrosa discesa sociale, mentre i ricchi diventano sempre più ricchi. Nel 2022 la Rolls Royce ha registrato un record storico di vendite: segno che da una parte il lusso impera, dall’altra mancano i beni essenziali. Bene fa il professor Calderone a sollevare questo tema, per la cui soluzione dovrebbero battersi i sindacati e la forze politiche sensibili a tale tema. Ma la realtà sembra smentire gli auspici. Salari ridicoli, sfruttamento, alienazione. Quando finirà?