Al Teatro Stabile di Potenza l’omaggio di Angela Covucci a Bill Evans. Appuntamento al 26 settembre con il lavoro discografico della cantante jazz potentina

Giovedì, 26 settembre alle ore 21,00, al Teatro “ F. Stabile” di Potenza, si terrà presentazione e concerto del lavoro discografico della cantante jazz potentina Angela Covucci. Il Cd, prodotto dall’ Etichetta discografica AlfaMusic di Roma, dal titolo “Inside Evans”, nasce dalla sua passione per il grande pianista e compositore statunitense Bill Evans e basa interamente sul suo repertorio di brani originali e reinterpretazioni personali di standards. Rileggere Evans significa entrare in un mondo musicale che richiede di superare ogni routine per concentrarsi su pagine inusuali e sorprendenti. Angela Covucci è laureata in canto jazz ed è una delle voci più originali ed espressive del panorama jazzistico che vanta numerose collaborazioni con musicisti italiani e stranieri. Al disco hanno partecipato Maestri e musicisti jazz di calibro e fama nazionale ed internazionale, gli stessi che l’accompagneranno nel concerto del 26 settembre: Francesco D’Errico, pianista e compositore tra i più colti e raffinati , titolare della cattedra di pianoforte jazz al Conservatorio “S. Cecilia” di Roma, che ha curato la Produzione artistica e gli arrangiamenti dei brani, Giulio Martino, sassofonista dal suono e dal tocco inconfondibile e docente di Musica d’insieme jazz al Conservatorio “San Pietro a Majella” di Napoli; il lucano Vito Stano, violoncellista che spazia con una libertà espressiva fuori dal comune dalla musica antica a quella contemporanea e docente alla Scuola Secondaria di II Grado “L. La Vista” di Potenza, Marco de Tilla e Marco Fazzari, rispettivamente contrabbassista e batterista a comporre una sezione ritmica incisiva e virtuosa, anche loro con un background di notevole spessore.

Di seguito alcune recensioni sul disco: dal critico musicale e storico del jazz, il Prof. Pietro Mazzone: “un album di esordio, questo “Inside Evans”, di sorprendente vitalità, fresco, forte. Nelle undici tracce che lo compongono il talento di Angela Covucci si rivela pienamente, con una peculiarità timbrica, con uno slancio ed un impeto espressivo tali da evocare le gesta più grandi e più sofferte delle muse della vocalità jazzistica (e blues, soul..) afroamericana – da Bessie Smith a Carmen McRae, da Etta Jones ad Aretha Franklin. Ascoltatela allungare le note, quasi come nell’atletica leggera si tenta il salto in alto; spingersi oltre l’asticella con risultati straordinari come in “Time remembered”. O ancora usare la voce come uno strumento a fiato (e con uno strumento a fiato intrecciandosi) nello sperimentale finale di “Nardis”, il brano più ampio ed elaborato (e forse anche il più significativo) dell’intero disco. Seguite il suo fraseggio rapido ma scolpito, come nello scoppiettante “Five”, un “divertimento” che quasi si vorrebbe durasse di più. La capacità di racconto, di eloquio, nella conclusiva “Once Upon a Summertime”.

Un talento che, certo, la scelta felice dei compagni d’avventura non fa che esaltare. Francesco d’Errico, in primo luogo, e il suo pianismo sorvegliato, vigile, intenso; i suoi arrangiamenti ricchi di pensiero, di riscrittura, per cui l’idea di fondo di questo progetto, rivisitare sotto forma di songbook un mondo espressivo e compositivo fra i più articolati e minuziosi – tra i più alti – del jazz novecentesco, riesce pienamente.

E poi, al sassofono tenore, Giulio Martino, maestro del sound misurato, di un’inventiva solistica sempre appropriata, infallibile nel cogliere e ampliare le ragioni più vere di un brano. La presenza del violoncello di Vito Stano sottolinea due richiami di questo disco: quello alla tradizione “with strings” del jazz (ascoltate la crepuscolare “We will meet again” o “Laurie” che chiude un’ideale prima parte dell’album con un brano di notevole intensità, con la formazione al completo, altro picco dell’album, in cui verso la fine il solismo di sax e cello si intrecciano) e quello a un camerismo tout-court: i trii per voce piano violoncello con cui vengono proposti alle ascoltatrici e agli ascoltatori “Blue in green”, “Beautiful love” e “Time remembered”.

Marco de Tilla, al contrabbasso, offre una prova di valore: il suo strumento, quando è presente, è il cuore pulsante di questo album e ammirevole è il suo assolo in “Interplay” (a proposito, in questo stesso brano Giulio Martino è al soprano, e il suo volo solistico è rimarchevole). La batteria di Marco Fazzari domina il “timing” di questi arrangiamenti con sottolineature di personalità, con una presenza discreta e dunque perfetta”.

Sul brano del disco “We will meet again” dice Bruno Pollacci, Direttore dell’Accademia d’arte di Pisa, critico musicale, ideatore e conduttore di “Anima jazz” di Punto Radio: “molti sono i pezzi interessanti in questo progetto discografico che meritavano di essere scelti per farli ascoltare al pubblico ma ho scelto “We will meet again” per una particolare ragione, la profondità sensoriale di questa interpretazione. La cantante riesce a farci partecipi della sua emozione, della sua concentrazione interiore, quindi con grande sensibilità è riuscita ad interpretare questo pezzo che è un’interpretazione che va oltre, sicuramente molto oltre il semplice compitino, non c’è la preoccupazione estetica ma c’è una preoccupazione veramente interpretativa interiore che riesce ad emergere in ogni momento, in ogni proposta di frase di questa canzone e sicuramente questo approccio sensoriale al pezzo, serio, profondo, sentito è condiviso da tutta la band che riesce a dare una prova in questo senso veramente magistrale, riuscendo a non invadere mai le performances vocali ma ad essere fortemente presenti con la drammaticità e la profondità interpretativa. Veramente un bel pezzo ed una validissima band”.

Ed ancora, la recensione di Guido Festinese, giornalista professionista, docente, saggista, scrittore e critico musicale che scrive su “Alias” de “Il Manifesto”: “in “Inside Evans Angela Covucci dedica al repertorio del gigantesco e sfortunato pianista tutto un disco, col suo contralto screziato di note amare, disilluse, ma pieno di armonici, alla Carmen Mc Rea: il contrario della leziosa lezione neoromantica che qualcuno potrebbe attendersi. Notevole il piano misurato di Francesco D’Errico e decisamente efficace il sax tenore hawkinsiano di Giulio Martino”.

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